Tutti se lo chiedono: quanto è disturbato l’apprendimento in condizioni ambientali non tranquille? Una risposta a questa domanda viene fornita da alcuni studiosi americani secondo i quali un contesto denso di distrazioni non precluderebbe l’apprendimento, anche se quest’ultimo assumerebbe le peculiarità di un automatismo. Un apprendimento, quindi, caratterizzato da una spiccata difficoltà di utilizzare successivamente ciò che si è appreso in situazioni diverse da quella nella quale l’apprendimento è avvenuto. Sono questi i risultati di una ricerca illustrata sul settimanale statunitense Proceedings of the National Academy of Sciences (Pnas). In particolare la ricerca dimostra che l’apprendimento viene notevolmente influenzato dalla possibilità o meno di concentrarsi su un solo tema. Le situazioni multi-tasking, in effetti, non incidono sulla precisione della memoria, ma la rendono meno elastica, vale a dire meno capace di trasferire gli apprendimenti a situazioni differenti.
Volendo entrare nello specifico del funzionamento cerebrale, occorre ricordare che ci sono due tipi di memoria: quella dichiarativa e quella procedurale. La prima consente di acquisire informazioni comunicabili, che possono essere richiamate alla mente in modo intenzionale. La memoria procedurale o habit learning, invece, è deputata nell’apprendimento di automatismi la cui esecuzione non richiede un’attenzione cosciente. Queste funzioni cerebrali possono essere studiate con la tecnica delle neuroimmagini (cioè risonanza magnetica funzionale, che consente di osservare quali aree del cervello si attivano quando si pensa o si percepisce).
Da un esame dell’attività cerebrale durante un processo di apprendimento è stato possibile rilevare che i due tipi di memoria stimolano zone cerebrali diverse: la memoria dichiarativa risiede nella corteccia del lobo temporale, mentre quella procedurale ha sede nel nucleo striato (collocato all’interno del cervello). I ricercatori statunitensi hanno sottoposto il gruppo sperimentale a due tipi di compiti di apprendimento: uno che richiedeva di concentrarsi su un unico obiettivo (situazione “single-task”), e un altro che richiedeva di spalmare l’attenzione fra diversi elementi (situazione “multitask”). Osservando l’attivazione delle zone cerebrali gli studiosi hanno potuto constatare che mentre nei compiti single-task veniva coinvolto il lobo temporale, in quelli multi-task si attivava il nucleo striato.
A questo punto, partendo dal presupposto che la vita quotidiana e gli attuali mezzi di informazione sottopongono maggiormente tutti ad un considerevole bersagliamento di stimoli, le scoperte di questo studio creano non poche preoccupazioni. Il maggior flusso di dati e il potenziamento della massa di cognizioni che i mezzi attuali consentono di apprendere potrebbe infatti avere, come rovescio della medaglia, una perdita di flessibilità e di capacità di applicare poi le conoscenze acquisite alla quotidianità degli eventi.