Categorie: Politica scolastica

Approvata la morte della scuola pubblica

Un lutto che vuole denunciare da un lato l’arroganza di un sistema decisionista, autoritario che ha ignorato le legittime pretese di chi ha scioperato, oltre il 70% del personale della scuola, pretese chiare, precise e concise, ritiro del ddl sulla scuola. Un lutto che vuole denunciare la sofferenza della democrazia, nei confronti di un Governo che non deriva da alcun processo elettorale, che non ha avuto alcun mandato popolare per intervenire, così come ha arbitrariamente fatto, nel settore della scuola.

Eppure ciò è accaduto. Una norma scritta dal Governo, in un Parlamento dipendente politicamente e sostanzialmente dal Governo. Un lutto che vuole denunciare l’amen della scuola pubblica, l’avvento della scuola azienda, perché è di questo che si tratta, con una gestione fortemente accentrata della cosa pubblica, meglio ex pubblica, quale la scuola, cuore pulsante e vitale di ogni Paese. Accentramento che segue l’andazzo oggi sussistente, decidere e basta.

Dissensi, scioperi, opposizioni? Non contano un fico secco per chi governa ed amministra la cosa pubblica, nei peggiori dei casi, nei migliori dei casi conferiscono una sorta di accontentino ma senza intaccare l’architettura portante del mostro che vogliono partorire.

Eppure l’autoritarismo ha dato il via libera al ’68, movimento politico, sociale e culturale che oggi si demolisce, perché la buona scuola di Renzi e company è anche una riforma ideologica, è la lancia che trafigge al cuore il ’68, già colpito, per quanto concerne i diritti dei lavoratori e le sue conquiste con il Jobs Act, con il venir meno praticamente dell’articolo 18 simbolo dello Statuto dei Lavoratori nato grazie alle mobilitazione del ’68.

Si lottava contro il burocratismo, contro le diseguaglianze, per una scuola critica, consapevole, per una scuola che non sfornasse lavoratori ma cittadini. Contro l’idea di un mondo ingiusto, autoritario e non autorevole, contro la competizione, contro la meritocrazia, strumento di controllo e di limitazione della libertà d’insegnamento.

Ebbene, tutto ciò, con questa riforma, viene meno. E’ stato demolito il ’68 e non è detto che non ne nascerà uno nuovo dopo questo scellerato provvedimento legislativo sulla scuola, e di indicazioni, d’altronde, ve ne sono tante. Ed allora, portate un mazzo di fiori davanti alle scuole italiane, per dare l’ultimo saluto alla scuola pubblica, e per sancire l’inizio di un nuovo riscatto, il riscatto della nostra scuola pubblica. Nonostante tutto, non dobbiamo arrenderci, non dobbiamo cedere, se vogliamo veramente tutelare la nostra scuola pubblica, la lotta non si deve arrestare, soprattutto ora.

 

Marco Barone

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