Complicazioni in arrivo per i dipendenti pubblici con il nuovo codice di comportamento approvato dal Consiglio dei Ministri nella giornata dell’8 marzo.
Alcune disposizioni sembrano di difficile applicazione, come ad esempio quella relativa al divieto di ricevere regali che, se superano il valore di 150 euro, devono essere “immediatamente messi a disposizione dell’Amministrazione per essere devoluti a fini istituzionali”.
Questa formulazione fa pensare che un dirigente scolastico che riceva per Natale un cesto di prodotti alimentari particolarmente ricco debba consegnarlo alla Amministrazione (e quindi del direttore regionale) che lo utilizzerà per scopi istituzionali: che cosa però significhi nel concreto non è affatto chiaro.
Ma la norma più discutibile ci sembra quella secondo cui ogni dipendente pubblico ha l’obbligo di comunicare alla propria Amministrazione l’ adesione o l’appartenenza ad associazioni e organizzazioni (esclusi partici politici e sindacati) i cui ambiti di interesse possano interferire con lo svolgimento delle attività dell’ufficio.
In proposito sarebbe molto interessante conoscere il parere del Garante per la privacy tenuto conto che l’appartenenza a partiti, sindacati ed associazioni è espressamente tutelata dal Testo unico sulla privacy che li considera dati sensibili e dunque disponibili per la Pubblica Amministrazione solo a particolari condizioni previste dalla legge.
C’è da credere che una norma del genere, in mancanza di ulteriori precisazioni e chiarimenti, potrebbe dare origine a forme estenuanti di contenzioso se non addirittura a comportamenti vessatori da parte di questo o quel dirigente periferico.
Un’altra regola, peraltro già presente nel codice attualmente in vigore, prevede che il dipendente pubblico abbia anche il dovere di rendere noti i rapporti diretti o indiretti di collaborazione avuti con soggetti privati nei 3 anni precedenti e in qualunque modo retribuiti; stesso obbligo vale per i rapporti sussistenti fra soggetti privati e il coniuge, il convivente, i parenti e gli affini entro il secondo grado del dipendente stesso.
Del tutto incomprensibile risulta poi la regola secondo cui ogni dipendente ha “l’obbligo di astenersi dal prendere decisioni o svolgere attività inerenti le sue mansioni in situazioni di conflitto di interessi anche non patrimoniali, derivanti dall’assecondare pressioni politiche, sindacali o dei superiori gerarchici”.
Cosa si vuole intendere con “pressioni” di natura politica o sindacale ?
Se la vogliamo interpretare alla lettera una regola di questo genere potrebbe anche significare che un insegnante non è libero di criticare i test Invalsi nello svolgimento delle proprie funzioni all’interno del collegio dei docenti perché tale critica potrebbe essere considerata anche un “cedimento” alle “pressioni” di questo o quel sindacato.
Insomma, prima di dare il via libera definitivo al provvedimento, il Governo farebbe forse bene ad approfondire meglio la questione per evitare proteste anche clamorose.
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