L’assessore all’Istruzione della regione Lombardia, Valentina Aprea, e già sottosegretario della ministra Letizia Moratti, a proposito degli esami di stato ha detto:
“Da anni sosteniamo la necessità di insegnare e di apprendere per competenze. Nonostante queste nuove consapevolezze, manteniamo la contraddizione di prove di esami con cui si valutano solo conoscenze, con votazioni molto difformi a seconda dei territori e delle scuole e che, proprio per questo, non sono ritenute attendibili per l’accesso all’università o per l’ingresso nel mondo del lavoro”.
“Da più parti si è finalmente scoperta l’importanza strategica, nella formazione dei giovani – ha proseguito Aprea – di esperienze di lavoro, industriale o sociale, rilette e interpretate attraverso precise conoscenze critiche. Da sempre noi diciamo che solo da questo processo, può nascere l’innovazione, l’attitudine all’imprenditorialità personale, la ricerca”.
“L’Italia – ha detto ancora l’assessore – è l’unico paese dell’occidente, in cui le prove degli esami di stato sono ancora scelte dal Ministro pro tempore. Constatiamo che, pur di guadagnarne qualche risonanza mediatica e politica a livello nazionale, ogni anno, la tentazione del Ministro di turno è di scegliere prove d’esame culturalmente ‘politically correct’. Così è andata anche quest’anno, con l’omaggio a Eco, la (sbagliata) citazione di Sgarbi sul tema del paesaggio, il retorico titolo ad affetto (“E’ il Pil che misura tutto?”), il richiamo agli astronauti Guidoni e Samantha Cristoforetti, la ricorrenza prevedibile dei 70 anni del voto alle donne”.
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“Sembra paradossale che la Repubblica continui a mantenere questo impianto originario – ha sottolineato Aprea – pur avendone cambiato nel tempo le forme. Compreso quello che posso rivendicare personalmente, tutti i tentativi di affidare la scelta delle prove d’esame ad organi tecnico-culturali autonomi, magari espressi dalle autonomie delle scuole, sono sempre falliti”.
Tuttavia pensiamo che se basta così poco per riformare gli esami di stato e che tutto il nodo è costituito dai refusi o dai sbagli del ministero, con ogni probabilità è meglio non scambiare il noto per l’ignoto, almeno questo tipo di ignoto. Da una ex sottosegretaria all’istruzione ci saremmo aspettati una proposta rivoluzionaria, innovativa e non la solita solfa del rapporto con le imprese come se compito dello Stato sia quello, non di formare cittadini consapevoli e aperti alla critica e alla interpretazione dei fenomeni, ma dei semplici meccanici-robot da consegnare alle imprese.
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