La proposta parte dal quotidiano l’Avvenire che scrive: “la maggior parte dei docenti nei mesi di luglio e agosto sarà in vacanza: non sarebbe il caso che l’enorme capitale umano, educativo e culturale racchiuso in questi “insegnanti retribuiti in vacanza” venisse messo a disposizione di quanti (e sono proprio tanti) potrebbero giovarsene, soprattutto in questo tempo estivo, anche per poche settimane?”
E chi potrebbe giovarsene? Per esempio, bambini con un grande bisogno di essere sostenuti per recuperare i ritardi o immigrati arrivati nel nostro Paese senza conoscere una parola di italiano e inseriti nelle classi equivalenti alla loro età o altri alunni con differenti motivazioni.
“Perché non mettere in campo, tra giugno e luglio, corsi intensivi di italiano, di grande importanza anche se di breve durata?”, scrive il quotidiano di ispirazione cattolica.
È vero che i docenti a fine anno sono stanchi, che c’è caldo e che lo stipendio è così miserabile da non consentirlo, “ma tutte queste ragioni non possono giustificare il fatto che decine di migliaia di docenti rimangono parcheggiati a casa pur continuando a percepire un regolare stipendio. È davvero impensabile e impossibile immaginare che, almeno per qualche settimana, le scuole elementari diventino un grande cantiere dell’apprendimento e possano ospitare iniziative mirate a vantaggio di chi ha più bisogno?”.
La proposta, scrive Avvenire, ha ricevuto l’attenzione dal ministero dell’Istruzione, che però non pare intenzionato al momento ad affrontare un cambio organizzativo che richiede un passaggio contrattuale con i rappresentanti dei lavoratori.
Attenzione dal mondo dell’associazionismo delle famiglie nella scuola, che però propone di coinvolgere in questa iniziativa non i docenti reduci da un anno di lavoro bensì forze più fresche e giovani, come gli aspiranti docenti che si stanno formando e che, in questo modo, avrebbero l’opportunità di cominciare a “prendere confidenza” con la scuola e gli studenti.
Attenzione dal mondo sindacale, il quale, però, rilancia l’idea di spalmare sull’intero anno scolastico la cura degli studenti stranieri con difficoltà in italiano, mettendo sotto accusa l’attuale sistema organizzativo di formazione dell’organico a disposizione delle scuole.
Attenzione anche dal mondo delle comunità straniere presenti nel nostro Paese, che a loro volta aggiungono suggerimenti e danno indicazioni su come raggiungere l’obiettivo.
Insomma un’ «attenzione» generale, che però ancora non riesce a trasformarsi in un progetto o in un’idea per il futuro”.
E in questo mare di “attenzioni”, nessuno però ha pensato di chiedere ai diretti interessati, ai docenti, il loro parere, nella convinzione sicura del loro netto rifiuto che potrebbe anche non esserci se, con l’apertura estiva delle scuole, ci fosse anche una nuova apertura mentale nei confronti dell’istruzione e dei suoi emissari.
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