Esiste oramai da talmente tanto tempo che molti nemmeno più si chiedono cosa sia. Il nome, da fiaba popolare russa, fa pensare a un mago potente, magari imparentato con la Baba-Jaga o con qualche altro personaggio uscito dalla penna di Aleksandr Sergeevič Puškin.
Niente di tutto ciò. L’ARAN (Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni), altro non è che un’organizzazione della Pubblica Amministrazione, formalmente autonoma (specie sotto l’aspetto organizzativo, gestionale e contabile), cui compete l’accertamento della “rappresentatività sindacale”, nonché la rappresentanza della Pubblica Amministrazione stessa nella contrattazione collettiva nazionale. Infatti, come è ben noto, quando si tratta di discutere il Contratto Collettivo Nazionale di qualsiasi categoria di lavoratori statali, i rappresentanti dei Sindacati “maggiormente rappresentativi” si incontrano appunto con l’ARAN, anziché con la controparte datoriale effettiva (ossia il Governo).
Ma è sempre stato così? In realtà no. È così dal 1993. O meglio, è così dall’entrata in vigore del Decreto Legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 (“Razionalizzazione della organizzazione delle Amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di pubblico impiego, norma dell’articolo 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421“), che privatizzò il diritto del lavoro pubblico in Italia, infilando anche la Scuola (ma non l’Università) nel Pubblico Impiego. Piccione con cui il Governo di allora (Governo Amato I, quadripartito DC-PSI-PSDI-PLI), folgorato sulla via del neoliberismo, colse due importanti fave: l’impiegatizzazione dei docenti delle scuole e l’impoverimento dei loro stipendi, da allora in poi legati alla cabala dell’“inflazione programmata” (dei cui succosi frutti gli insegnanti si beano ancor oggi).
Ebbene, l’articolo 50 del succitato Decreto Legislativo 29/1993 prescrive: «Le pubbliche amministrazioni sono legalmente rappresentate dall’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni – A.R.A.N., agli effetti della contrattazione collettiva nazionale. L’A.R.A.N. esercita a livello nazionale, in base agli indirizzi ricevuti ai sensi degli articoli 46 e 51, ogni attività relativa alle relazioni sindacali, alla negoziazione dei contratti collettivi e alla assistenza delle pubbliche amministrazioni ai fini dell’uniforme applicazione dei contratti collettivi».
Sorge però spontaneo un legittimo dubbio: c’era proprio bisogno di un altro –anch’esso non poco costoso – ente pubblico (finanziato dai contributi versati all’agenzia dai comparti delle singole amministrazioni pubbliche) per razionalizzare la spesa, contenere gli stipendi dei dipendenti pubblici e rendere più efficienti le relazioni fra sindacati e controparte governativa? La nostra illimitata fiducia nelle istituzioni tenderebbe suggerirci di sì. Quel che è certo, tuttavia, sono gli stipendi dei Dirigenti di questa Agenzia, molto meno contenuti di quelli degli insegnanti. Si va dai 45.000 ai 215.000 euro lordi annui. Per capire di cosa stiamo parlando, basti pensare che un Dirigente scolastico guadagna mediamente circa 46.560 euro lordi all’anno (3.880 euro lordi mensili).
All’articolo 50, comma 6 del d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29 si legge: «Il comitato direttivo dell’A.R.A.N. è costituito da cinque componenti ed è nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. Il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la funzione pubblica di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, designa tre dei componenti, tra i quali, sentita la Conferenza unificata Stato-regioni e Stato-città, il Presidente. Degli altri componenti, uno è designato dalla Conferenza dei Presidenti delle regioni e l’altro dall’A.N.C.I. [Associazione Nazionale Comuni Italiani] e dall’U.P.I [Unione delle Province d’Italia]».
Nel lontano 2007, per le nomine del comitato di presidenza Il Giornale parlò esplicitamente (con tanto di nomi e cognomi) di affidamento degli incarichi “a un pool di esperti vicini alle confederazioni” sindacali maggiori. Calunnie? Può darsi. Delle eventuali smentite non siamo comunque a conoscenza. Fatto sta che l’ARAN è soggetta esclusivamente al controllo finanziario della Corte dei Conti, perché il controllo un tempo effettuato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri è stato soppresso.
È anche vero d’altronde che, come pare abbia detto Ernest Hemingway, «Il modo migliore per scoprire se ci si può fidare qualcuno è di dargli fiducia». E noi italiani, si sa, siamo un popolo fiducioso
Alvaro Belardinelli è membro dell’Esecutivo nazionale Unicobas
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