Il variegato movimento del “no legge 107” sembra aver assorbito bene la notizia del mancato raggiungimento delle 500mila firme necessarie per il referendum.
Dai commenti che si leggono in rete traspare tutto sommato una serena rassegnazione per l’esito negativo della campagna referendaria; sembra anzi che la notizia non stia provocando neppure troppa sorpresa: molti dicono che se lo aspettavano, altri sostengono che tutto sommato va bene così perchè se si fosse andati al voto la sconfitta sarebbe stata pressochè certa.
Ma la reazione più diffusa è un’altra: “Questo è solo il primo tempo della partita. Il secondo tempo si chiuderà il 4 dicembre e tutto potrebbe cambiare”.
L’attenzione di gran parte del “popolo della scuola” si sta insomma spostando dal referendum sulla scuola al referendum costituzionale.
Resta il fatto che se il Comitato fosse arrivato a mettere insieme 500mila firme valide avrebbe potuto contare su un rimborso statale di 500mila euro (un euro per ogni firma), somma che sarebbe potuta servire per iniziative politiche promosse dal movimento.
Per il momento nessuno sembra invece interessato ad analizzare i motivi dell’esito negativo della raccolta delle firme. Analisi che però, prima o poi, andrà fatta perchè bisognerà pur trovare una speigazione al fatto che su un milione di dipendenti della scuola neppure la metà abbia firmato per consentire ai cittadini di abrogare 4 disposizioni di una legge che – a parole – l’80 per cento del mondo della scuola considera nefasta e incostituzionale (era questa la parola d’ordine dello sciopero del 5 maggio del 2015).
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