Per Gabriele Piazzoni, segretario nazionale di Arcigay, la sentenza di Rovereto mette un “parola definitiva su una storia che deve riaprire un dibattito politico”.
“Non solo – osserva Piazzoni – il giudice sottolinea il carattere diffamatorio della difesa dell’istituto, al punto da riconoscere un danno collettivo, ma soprattutto si mette in chiaro che nessuna convinzione religiosa può legittimare la discriminazione di una persona gay, lesbica, bisessuale o trans, anche all’interno di un luogo che su quella religione è fondato. Un punto tutt’altro che banale, perché proprio su questo confine è inciampato il testo di legge contro l’omotransfobia, fermo da anni al Senato e pasticciato con cavilli ed eccezioni che paradossalmente reiterano la discriminazione anziché contrastarla”.
“La parola dei tribunali – conclude – ancora una volta striglia la politica e sottolinea l’urgenza di riaprire la discussione sul testo della legge contro l’omotransfobia, liberandolo da zavorre contrarie al buonsenso e che con ogni probabilità porterebbero alla chiamata in causa delle Alte Corti. La politica recuperi il proprio ruolo e faccia tesoro delle indicazioni dei tribunali per approvare leggi giuste ed efficaci, libere da equilibrismi e ragionamenti di opportunità”.
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