L’Arpa boccia in modo netto il Dpcm di fine luglio, giunto in Gazzetta il 3 agosto, sulle modalità di controllo dell’aria nelle scuole, al fine di verificare la presenza di pericolosi virus, come il Covid-19, o di altre particelle nocive: le Agenzie regionali di protezione ambientale, in particolare, hanno messo il dito contro la parte delle linee guida – confermata con le indicazioni del capo dipartimento del Ministero Stefano Versari – che le tira in ballo come “autorità competente”, assieme alle Asl, a cui il dirigente scolastico richiede “di effettuare le attività preliminari di monitoraggio della qualità dell’aria e di individuazione delle soluzioni più efficaci da adottare” nelle scuole. Una precisazione che fa aumentare ancora più il rammarico per la mancata installazione di aeratori meccanici nelle scuole italiane, così come avevano indicato diversi virologi nel corso dell’estate.
“Impossibile adempiere a tale incombenza normativa”
Dopo il primo diniego in sede di conferenza Stato Regioni, con una comunicazione ufficiale l’8 settembre le stesse Arpa hanno detto che è praticamente “impossibile adempiere a tale incombenza normativa”.
Il direttore generale di Arpa Abruzzo, Maurizio Dionisio, incaricato dall’ufficio di Presidenza del Sistema nazionale di protezione ambientale, ha spiegato che “c’è il fermo convincimento che la norma non presenti elementi tali da permettere alle Arpa i controlli preliminari indicati nel testo. E ciò in ragione sia di una difficoltà tecnica sia dell’impossibilità, dato l’elevato numero di edifici scolastici, di riuscire a effettuare una serie di attività troppo consistenti e complesse rispetto alle dotazioni di organico e strumentazione tecnica di cui le Arpa dispongono”.
In arrivo un ulteriore testo
L’Arpa sta realizzando anche un testo unico di risposta, che appena ultimato sarà inoltrato ai dirigenti scolastici per spiegare loro l’impossibilità a realizzare nelle scuole i monitoraggi indicati nel Dpcm estivo.
“Il Consiglio del Sistema nazionale di protezione ambientale ha espresso perplessità sul Dpcm relativo alla qualità indoor degli ambienti scolastici – ha continuato Dionisio – . Basti pensare che nelle linee guida non sono neanche indicati i limiti degli inquinanti da ricercare. Sarebbe come prevedere un reato senza avere idea della pena da comminare”.
L’unica soluzione: aprire le finestre
La conclusione, per l’Arpa, è che “oltre all’impossibilità tecnica di eseguire quanto previsto c’è l’impossibilità strumentale e di risorse”.
Basti pensare, che “l’Arpa della Lombardia ha fatto un calcolo di massima: ci vorrebbero 7 anni e mezzo” per misurare i livelli dell’aria in tutte le scuole della regione.
Cosa faranno ora le scuole? Non c’è molto da scegliere. Dovranno adottare le altre disposizioni previste sempre dalle linee guida. E, specificatamente per prevenire il Covid ogni classe, ricorrere a ricambi d’aria frequenti cercando di far tenere aperte più o meno sempre le finestre delle aule.