È un emendamento alla delega del DDl presentato da Simona Malpezzi e Manuela Ghizzoni.
L’idea, riporta Il Fatto Quotidiano, è essenzialmente quella di semplificare il percorso, accorpando la fase della formazione a quella del reclutamento. Ci sarebbe dunque un unico concorso, a cadenza annuale, per abilitarsi e poi entrare in ruolo. Il requisito di accesso sarà la laurea magistrale nelle materie di competenza, con il conseguimento di 36 crediti in discipline antropo-psico-pedagogiche: un po’ come avviene adesso per il Tfa. Chi supera i vari test (ovviamente a numero chiuso) accede ad un triennio di apprendistato: il primo anno si consegue un “diploma di specializzazione”, con un corso fra università e scuola (simile in fondo all’attuale Tfa); nel secondo e nel terzo anno, invece, si comincia a entrare in classe, con una presa progressiva di funzioni e responsabilità, prima sotto la supervisione di un tutor, poi in maniera sempre più autonoma.
La differenza sostanziale sarebbe: mentre i corsi attuali di abilitazione sono a pagamento (circa 2.500 euro), l’apprendistato sarebbe retribuito (oltre che valido ai fini previdenziali), secondo le regole previste dalla normativa nazionale (si può ipotizzare uno stipendio minimo di 400 euro mensili, ma per i dettagli è ancora presto). Questi “prof apprendisti” fanno parte degli organici delle scuole e vengono utilizzati per supplenze più o meno brevi, inserendosi gradualmente nella realtà scolastica e risolvendo anche i problemi di carenza di personale. Al termine del triennio, in caso di valutazione positiva da parte degli organi dell’istituto (preside, tutor, colleghi docenti, ecc.), il contratto viene trasformato automaticamente a tempo indeterminato, senza ulteriori esami.
Il governo aveva già annunciato l’intenzione di cambiare, ma ne “La buona scuola” si parlava di una nuova “laurea abilitante”, un 3+2 con biennio di specializzazione pedagogica a numero chiuso. Anche questa pista, però, è stata abbandonata, perché avrebbe anticipato troppo (già a metà della carriera universitaria, intorno ai 21-22 anni) il momento di scelta. Così, nelle intenzioni del Pd, la rivoluzione sarà incentrata sulla nuova figura del professore apprendista.
Non è escluso, scrive Il Fatto, che l’articolo venga stralciato e diventi un progetto di legge autonomo, per la delicatezza.
Se l’emendamento fosse approvato insieme al ddl scuola, il governo avrebbe 18 mesi per realizzare la riforma del sistema, mentre bisognerebbe studiare delle soluzioni di “sanatoria”, per uniformare al nuovo percorso tutti gli aspiranti docenti senza penalizzare chi è già abilitato
Il dibattito è aperto, la proposta è sul tavolo del Parlamento e farà discutere a lungo.
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