Arrivano a Trieste gli avvisi di conclusione indagine per la tentata occupazione dell’Oberdan

Quando le questioni inerenti le battaglie volte ad edificare una scuola pubblica, dove la comunità scolastica, o parte di essa, si eleva, anche con iniziative forti ma non violente, a divenire soggetto promotore di attività alternative, e quando a queste attività alternative si risponde con la strada penale, è una sconfitta per tutti. Il 13 gennaio 2014, sono giunte denunce a quattro ragazzi per l’occupazione del Liceo scientifico G. Oberdan svoltasi l’anno scorso.
Gli studenti, già al tempo maggiorenni, sono imputati per concorso in occupazione di suolo pubblico, interruzione del pubblico servizio e danneggiamento. Le prove, per quello che si è compreso, sarebbero il verbale delle forze dell’ordine e le dichiarazioni della preside del 3 Gennaio. 
La condanna potrebbe arrivare a 3 mesi di reclusione. Contestualizzare i fatti è atto dovuto e necessario. A dicembre 2012 “avevamo deciso di, poiché non è stato possibile attuarlo con i professori, prenderci, anzi, avevamo deciso di riappropriarci della nostra scuola per poter all’interno di essa svolgere delle attività che noi credevamo utili sia per la crescita degli studenti che per lo stesso edificio; avevamo deciso infatti di, oltre a tenere dei corsi sulla didattica alternativa, ripittare i muri, le porte, cercare di mettere un pò a posto alcune strutture come i bagni (dato che la provincia, per mancanza di soldi o non si sa bene per quale motivo, continua ad ignorare queste situazioni), tanto che la notte stessa avevamo con noi pennelli e vernice per iniziare dalla mattina i nostri lavori.
Sapete tutti quello che è successo: la Digos, su ordine della preside, ha fatto irruzione nell’Istituto rompendo una finestra (che, ci teniamo a dirlo,non è ancora stata sostituita) e i ragazzi, presi anche dal panico per il gesto di violenza della polizia (perchè il gesto violento è quello di rompere una finestra quando dietro ad essa c’è la faccia di un ragazzo, non quello di occupare una scuola dopo aver tentato per settimane di costruire un qualcosa di alternativo con i professori, dopo che questi hanno rifiutato di accettare la nostra proposta di 3 giorni di cogestione per poter, appunto, svolgere queste lezioni su temi alternativi e questi lavori) sono in gran parte scappati quando hanno visto le forze dell’ordine entrare”.
Questa la versione degli studenti che verrà supportata in via testimoniale, se necessario, nelle dovute sedi. Da questa ricostruzione emergono alcuni fatti rilevanti: la volontà di contribuire al miglioramento sostanziale della propria scuola con anche la proposizione di attività didattica alternativa; la comunicazione preventiva di questa volontà e la tentata occupazione, visto che, a parer mio, l’occupazione non è stata pienamente realizzata a causa della situazione come maturata. La protesta si inseriva nel quadro generale, che ha visto in tutta Italia, diverse mobilitazioni contro i tagli del governo al sistema scolastico e contro le condizioni fatiscenti in cui versava parte dell’istituto interessato. Si è trattata di una mera iniziativa simbolica e sostanziale, lo scopo era quello di manifestare in modo in modo pacifico e democratico la necessità di frequentare edifici scolastici sicuri e dotati dei servizi indispensabili. Nessuna azione violenta è stata posta in essere da parte degli studenti, e la presa in possesso dell’edificio è stata parziale e temporanea.
Come è noto, e come ribadito da recente giurisprudenza che richiama principi tipici della magistratura degli anni settanta, gli studenti sono soggetti attivi e non semplici frequentatori della scuola, hanno il diritto di partecipare alla gestione con un «incisivo» potere-dovere di collaborazione, protezione e conservazione della scuola, oltre che di iniziativa per «il miglioramento delle strutture e dei programmi di insegnamento». 
Dunque è innegabile che l’edificio, nella sua struttura muraria e nelle sue attrezzature, appartiene allo Stato e, di conseguenza, non deve essere danneggiato, è altrettanto vero che la scuola costituisce una realtà non estranea agli studenti. Studenti che volevano semplicemente ripristinare un minimo di decoro nella loro scuola e proporre anche attività didattica alternativa. A tal proposito è il caso di ricordare che l’attività didattica mira alla formazione degli studenti, nell’ambito delle diverse materie, secondo determinati programmi di studio. Contrariamente ad altri servizi pubblici, tale attività non postula “necessariamente modalità predeterminate e rigide concatenazioni di puntualità temporale”, potendo gli scopi che essa si prefigge essere raggiunti anche attraverso “modalità” e “tempi più liberi ed elastici” (Cass., sez. VI, sent. n. 2723 del 21.3.1997). Senza dimenticare il valore educativo e formativo che possono avere iniziative di lotta come quelle dell’occupazione o dell’autogestione o cogestione. 
 
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