Il percorso è stato presentato ai ragazzi del Malpighi, dalla preside del liceo ed ex sottosegretario all’Istruzione, Elena Ugolini.
“Abbiamo pensato di aprire un orizzonte ai nostri studenti- spiega Ugolini alla ‘Dire’- le stampanti 3D stanno cambiando il modo di produrre oggetti sia a livello artigianale che industriale. Vorremmo che i nostri ragazzi capissero come si passa dall’idea alla realizzazione pratica di un oggetto passando attraverso il progetto e la modellizzazione. Questo per aiutarli a capire cosa fare da grandi, ma anche per mettere loro dentro il virus della creatività, del desiderio del fare e del costruire”.
In altre parole, per provare a creare anche una nuova generazione di imprenditori digitali e per dare una risposta alla crisi di iscrizioni negli istituti tecnici.
Il progetto del Malpighi sulle stampanti 3D a scuola rientra anche nella rete dell’Università di Stanford, che “da un anno già lavora con le scuole per aprire questi percorsi didattici- spiega Ugolini- vogliamo usare gli stessi protocolli e materiali. A settembre, poi, faremo un workshop per spiegare i risultati”.
Durante il percorso didattico saranno usate stampanti 3D per realizzare davvero gli oggetti pensati dai ragazzi.
Gli studenti del Malpighi hanno ascoltato anche l’esperienza di Simone Di Piazza, responsabile dell’area progettazione della Ducati, che ha spiegato come anche la casa di Borgo Panigale utilizzi già stampanti 3D per realizzare modellini e prototipi delle moto.
Oggi sono sul mercato vari modelli di stampanti 3D, il cui costo va dai 500 ai 2.000 dollari. E possono essere usate plastiche, polveri o persino cibo e materiali organici per stampare gli oggetti desiderati.
“Vogliamo usare all’interno della didattica tradizionale delle tecnologie che ci permettono di riavvicinarci al piacere di fare- spiega ancora Sobrero- e pensare che questo interessi non solo chi frequenta un istituto tecnico, ma anche altri tipi di istruzione. Si fa al liceo, ma si può pensare di farlo anche alle medie o alle elementari. E’ un modo per riappropriarci delle tecnologie”.
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