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Arrivati in Italia bambini ucraini che hanno perso tutto, anche i genitori: l’accoglienza di Suor Paola e l’importanza della scuola

Si è parlato tanto di donne e bambini ucraini giunti in Italia nelle ultime settimane. Delle difficoltà per lasciare la loro terra d’origine, flagellata degli attacchi delle truppe russe. Come si è parlato molto delle sofferenze che stanno provando per avere lasciato in Ucraina mariti e padri. Tra le tante storie di ospitalità, proponiamo quella messa in atto dalla casa famiglia di Suor Paola a Roma, dove hanno trovato posto nove nuclei familiari: sono composte da mamme, nonni e 12 bambini.

Hanno viaggiato di notte…

“Ho iniziato a tremare vedendo quelle persone smarrite che scappavano. Quando ho capito che stavano arrivando per rifugiarsi, ho pensato che potevamo aprire le nostre porte. Per caso ci è arrivato il primo nucleo di ucraine. Poi, da quel momento abbiamo visto un continuo via vai di gente che arrivava piangendo, senza sapere dove andare. Qualcuno aveva viaggiato tre o quattro notti, aspettando per giorni alle frontiere”, ha detto suor Paola all’Ansa, confermando che il lavoro per ospitarli è tanto, come tante sono le persone che le stanno chiedendo aiuto.

La festa del papà

Un paio di giorni fa, in occasione della festa del papà, i volontari hanno chiesto ai bambini ucraini accolti di inviare gli auguri ai loro papà lontani, rimasti in Ucraina a combattere.

Il risultato è stato toccante. “Non mi basta questo foglio per il bene che ti voglio“, ha scritto un bambino, sotto forma di filastrocca.

Poi, sono stati colorati dei palloncini e fatti volare in cielo. Quindi, si è svolta una messa e l’accensione delle candele.

L’importanza del lavoro e della scuola

Con i volontari, spiega sempre l’Ansa, si sta provvedendo alla cura di chi arriva, facendo fare i vaccini, i documenti necessari alla permanenza, pensando anche ad organizzare la loro vita qui, trovando un lavoro e mandando a scuola bimbi e ragazzi.

Per i minorenni, quindi, la scuola ancora una volta viene reputata un elemento fondamentale. E da organizzare al meglio, anche da un punto di vista pedagogico.

“Non ho più la mia casa né i miei genitori”

“’Ma tu mi puoi tenere qua in Italia? Io lì ho perso tutto. Non ho più la mia casa né i miei genitori’. Così mi ha detto un bimbo di appena otto anni”, ha raccontato ancora Suor Paola.

“Una forza della natura – ha aggiunto riferendosi al bambino ucraino -, appena vede una persona la studia e poi la abbraccia”.

Di storie così, purtroppo, ce ne sono molte: “Per loro la più grande sofferenza è non sapere quale sarà il futuro, ma hanno anche la speranza che questa guerra finisca presto”.

Alessandro Giuliani

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