Un articolo pubblicato lo scorso 23 luglio su La Repubblica a firma di Alain Elkann, padre di Lapo e John, è sulla bocca di tutti. Il pezzo, intitolato “Sul treno per Foggia con i giovani ‘lanzichenecchi'”, è una diretta testimonianza di Elkann, trovatosi a passare del tempo su un Frecciarossa con dei ragazzi, da lui denominati, appunto, “lanzichenecchi”.
Il motivo? A suo dire i giovani erano “poco educati”, tanto da essere paragonati ai soldati mercenari dell’Impero Germanico noti per la loro crudeltà e per i loro atti rozzi e barbari. Elkann li ha descritti minuziosamente prima di parlare di sè: “Io indossavo, malgrado il caldo, un vestito molto stazzonato di lino blu e una camicia leggera. Avevo una cartella di cuoio marrone dalla quale ho estratto i giornali: il Financial Times del weekend, New York Times e Robinson, il supplemento culturale di Repubblica. Stavo anche finendo di leggere il secondo volume della Recherche du temps perdu di Proust e in particolare il capitolo ‘Sodoma e Gomorra’. Ho estratto anche un quaderno su cui scrivo il diario con la mia penna stilografica. Mentre facevo quello, i ragazzi parlavano ad alta voce come fossero i padroni del vagone, assolutamente incuranti di chi stava attorno. Parlavano di calcio, di giocatori, di partite, di squadre, usando parolacce e un linguaggio privo di inibizioni”.
“Arrivando a Foggia, mi sono alzato, ho preso la mia cartella. Nessuno mi ha salutato, forse perché non mi vedevano e io non li ho salutati perché mi avevano dato fastidio quei giovani ‘lanzichenecchi’ senza nome”, così si conclude l’articolo.
Da qui, un putiferio: Elkann è stato accusato di presunzione, di classismo, di preoccuparsi del nulla. Il suo articolo è stato giudicato ai limiti del ridicolo e il web si è scatenato con molte parodie e molti meme. “Breve racconto d’estate. Sto su un autobus – spostapovery – da Roma centro verso Roma borgata ed è pieno di Lanzichenecchi che non mi permettono di leggere l fratelli Karamazov – che io leggo solo in russo – e prendere appunti con la mia stilografica. Quel horreur”, ha scritto ironicamente un utente di Twitter.
C’è anche chi ha creato, dalla situazione raccontata da Elkann, variazioni sul tema, o chi ha provato a raccontare i fatti dalla prospettiva dei ragazzi, che magari hanno visto un uomo strano che li osservava con disprezzo prima di mettersi a scrivere e “far finta di leggere”.
Abbiamo parlato del tema dell’educazione dei giovani, prendendo come spunto questa vicenda, con il presidente dell’Anp Roma Mario Rusconi: “Guardiamo la luna e non il dito. Il problema della maleducazione di molti ragazzi è reale. La scuola deve fare di più. Dobbiamo educare alla gentilezza, spiegare ai giovani che fanno parte della comunità. Elkann, però, non è il problema”, questo il suo pensiero.
Nel frattempo l’articolo ha creato problemi interni alla redazione de La Repubblica. Come riportano Open e Il Fatto Quotidiano il Comitato di redazione del quotidiano, il cui editore è il figlio di Alain, John, ha inviato una mail ai colleghi per prendere nettamente le distanze da quell’articolo: “Questa mattina la redazione ha letto con grande perplessità un racconto pubblicato sulle pagine della Cultura del nostro giornale, a firma del padre dell’editore. Considerata la missione storica che si è data Repubblica sin dal primo editoriale di Eugenio Scalfari, missione confermata anche ultimamente nel nuovo piano editoriale dove si parla di un giornale ‘identitario’ vicino ai diritti dei più deboli, e forti anche delle reazioni raccolte e ricevute dalle colleghe e dai colleghi, ci dissociamo dai contenuti classisti contenuti nello scritto. Per i quali peraltro siamo oggetto di una valanga di commenti critici sui social che dequalificano il lavoro di tutte e tutti noi, imperniato su passione, impegno e uno sforzo di umiltà”, questo il contenuto della mail.
Il direttore de La Repubblica Maurizio Molinari ha tuttavia detto no alla pubblicazione del comunicato dei giornalisti dicendosi tuttavia d’accordo nel merito.
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