Attualità

Ascani: “Come il digitale sta cambiando la scuola”

Intervenuta nel corso dell’approfondimento di “Repubblica” Meet the future, la vice ministra dell’istruzione Anna Ascani ha parlato del rapporto tra scuola e digitale:

“Per quanto riguardo il mondo della scuola la pandemia è stato uno choc. A scuola il digitale stava entrando, il piano nazionale scuola digitale è del 2015, ma c’era una grande resistenza, c’erano due fronti contrapposti. Quelli che erano convinti che il digitale sia nemico dell’istruzione e quelli che erano convinti che bastava introdurre la tecnologia per risolvere i problemi. Queste due squadre che si sono nel tempo sfidate, nella pandemia si sono trovate a dover andare d’accordo. Quello che è accaduto è che tutti i docenti italiani si sono messi in gioco, sperimentando nuove metodologie, facendosi alcune volte formare dagli studenti”.

“Nella scuola – prosegue Ascani – si è messo in moto un processo di innovazione che sarebbe stato difficilissimo produrre diversamente. Come ministero abbiamo incoraggiato questo processo formando gli insegnanti, più di 2/3 del totale, dando forza agli animatori digitali che ci sono in tutte le scuole, e dotando le scuole degli investimenti economici di cui avevano bisogno. In questa fase, da parte di studenti e docenti c’è una grande disponibilità a vivere la didattica digitale integrata come qualcosa di positivo, che può arricchire il curriculum degli studenti. In fondo da questa pandemia la scuola italiana sta imparando moltissimo. Non vogliamo tornare alla scuola com’era prima ma vogliamo una scuola che faccia tesoro di quello che ha vissuto”.

Investimenti sulla tecnologia

“La pandemia – continua la vice ministra – ci ha dato modo di vedere diseguaglianze che esistevano già, il covid ha ampliato le distanze. Situazioni di diverso contesto sociale, difficoltà legate agli individui, quindi di tutto il mondo della disabilità. In questa seconda fase la preoccupazione è stata preservare il contatto coi compagni, soprattutto per chi è in una situazione di particolare difficoltà dovuta a una forma di disabilità o a bisogni educativi speciali. Abbiamo investito sulle infrastrutture, velocizzando la connessione stabile veloce e sicura a tutte le scuole, ci sono 400 milioni stanziati nel piano banda ultra larga per arrivare alla scuole. Il completamento di questo lavoro dovrà essere una parte della destinazione dei fondi europei che raggiungeranno il nostro Paese perchè questo lavoro andrà fatto in tutti i 40mila plessi scolastici che abbiamo. Poi c’è la connettività da casa e la dotazione dei dispositivi. Da un lato abbiamo stanziato tantissime risorse (quasi 900 milioni) per aiutare le scuole a comperare dispositivi e connettività per coloro che ne avevano la maggiore necessità. Finora sono stati acquistati 430mila dispositivi e 100mila connessioni, ma mancano ancora molte rendicontazioni. Sono contenta che grandi compagnie telefoniche abbiano raccolto l’appello del Governo a far sì che l’utilizzo delle piattaforme per la ddi non scali i giga dei piani telefonici. Questa è un’ottima notizia per le famiglie visto che i figli devono stare connessi molte ore al giorno e questo comporta un costo enorme se non c’è questo tipo di impostazione”.

Cittadini digitali

“La didattica digitale – prosegue Ascani – non può sostituire la scuola in presenza. L’accompagnamento della relazione in presenza è fondamentale, sia tra pari che tra studenti e docenti. Molti dei cosiddetti nativi digitali, sono degli analfabeti digitali perchè c’è scarsissima consapevolezza degli algoritmi e dei meccanismi di programmazione di quelle tecnologie che fanno parte della loro vita quotidiana. Ci sono regole che dominano il mondo digitale e bisogna conoscerle, altrimenti non si riesce a essere cittadini. Sarà una scuola che ha imparato molto e che formerà meglio i propri studenti.

Gli insegnanti? “C’è stata una grandissima disponibilità – conclude la vice ministra – in futuro vogliamo continuare a investire sia con una formazione fatta da formatori esterni che con una formazione tra pari. Dobbiamo trovare un modo per garantire che chi diventa insegnante sia già formato almeno a un livello base per quanto riguarda le competenze digitali anche se nessuno pretende che siano dei programmatori provetti”.

Daniele Di Frangia

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