Home Archivio storico 1998-2013 Attività parlamentare Asili e tempo pieno, l’Ue detta le riforme all’Italia

Asili e tempo pieno, l’Ue detta le riforme all’Italia

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Nelle raccomandazioni che la Commissione Ue intende fare all’Italia per indicare la via dell’equilibrio dei conti pubblici e della competitività necessaria per tornare a crescere con vigore dopo anni di debolezza cronica ci sono anche gli asili e il tempo pieno.
Sei le consegne che l’Italia dovrà rispettare per ottenere la chiusura della proceduta di deficit eccessivo (Edp) in cui l’Italia si è ritrovata nel 2009 per aver gestito con leggerezza le sue casse pubbliche.
Si parte da deficit (che va bene) e debito (non va). Bruxelles suggerisce una nuova spending review per reperire margini di spesa.
Dubbi sullo slittamento di Imu e Iva, ma non nel testo
Si evidenziano il sistema dei servizi che non va, la semplificazione del quadro amministrativo, il rafforzamento di quello legale.
I processi civili vanno snelliti, come le regole per la creazione di imprese.
Si chiedono misure efficaci contro la corruzione e la riorganizzazione del catasto in linea con i valori di mercato.
Le banche sono il terzo capitolo.
Per il lavoro si reclama ulteriore flessibilità, anche attraverso la localizzazione della contrattazione salariale.
Segue l’appello per una formazione solida e minori disincentivi all’occupazione, con azioni su uffici di collocamento e «servizi extrascolastici», il che implica maggiore attenzione ai figli perché i grandi possano lavorare.
In parallelo, si denuncia la piaga dell’abbandono scolastico e i servizi sociali non sempre all’altezza della crisi.
La quinta raccomandazione si collega alla prima, valuta il fisco e la sua sfera di competenza. Più su proprietà e consumi; meno lavoro.
Bruxelles parla anche di esenzioni (Iva etc.) da esaminare. Il che conduce ai servizi, sesta voce della gran riforma per la competitività. Qui il dito indica i servizi da migliorare: interconnessioni, trasporti ed energia. Liberalizzazioni, insomma. Anche delle professioni. Bruxelles le invoca da tempo e ritiene che Roma non abbia fatto abbastanza. La crescita, assicura, arriva anche col mercato più aperto.