Mentre in Parlamento si lavora per legiferare a sostegno della frequenza dei nidi scolastici, sono diversi i Comuni che a corto di soldi decidono di alzare le rette di frequenza delle istituzioni di accoglienza dei bimbi fino a tre anni. Come a Roma, dove la Giunta guidata da Ignazio Marino è riuscita nell’impresa di aumentare le tariffe per gli asili nido e di far anche scomparire la gratuità per il terzo figlio. Mettendo in crisi le famiglie con meno risorse, soprattutto se numerose.
La mattina del 4 ottobre, i contestatori si sono presentati nella piazza dove è allocato il Comune, il Campidoglio, con mille ‘passeggini’: con Hashtag #iostoconipasseggini, mamme e papà romani, capitanati da Gianluigi De Palo, ex assessore capitolino alla Famiglia e padre di quattro figli, hanno protestato contro i rincari “fatti da Marino senza che le famiglie lo sapessero”.
“I genitori, dopo aver concluso l’iscrizione per i figli al nido con la certezza di dover pagare una certa cifra, sono stati poi avvisati che non esisteva più l’esenzione per il terzo figlio e che avrebbero dovuto pagare di più – spiega De Paolo, disposto a portare la manifestazione a Palazzo Chigi se non ascoltati – Siccome questa è una truffa, noi abbiamo fatto un ricorso al Tar che risponderà il 22 ottobre”.
“Pensavamo fosse gratis, poi ci hanno chiamato dicendo che dovevamo presentare l’Isee per calcolare una tariffa” racconta Lucia, madre di tre figli. “Noi con quei soldi facciamo fare sport e musica ai bambini” dice Silvia. La piazza lentamente si svuota, scrive il corrispondente dell’Ansa: tutti si posizionano lateralmente, lasciando i passeggini vuoti. “I passeggini sono metafora delle difficoltà delle famiglie – spiega De Palo – E vuoti sono l’immagine di una crisi demografica inarrestabile se il governo non riesce a fare un ragionamento più ampio. Vorremmo mandare un messaggio a Renzi: la ‘fabbrica degli italiani’ sta chiudendo. Probabilmente lo scenario che si presenterà nel futuro sarà quello che vediamo qui oggi: dei passeggini vuoti”.
Vale la pena ricordare che in Parlamento è in dirittura d’arrivo una legge che prevede un piano nazionale pluriennale per raggiungere entro il 2020 una copertura del 33% dei bambini fino a tre anni (oggi invece solo alcune regioni, come l’Emilia Romagna, possono contare sul 25% di bimbi iscritti, mentre la media nazionale è di poco superiore al 15%): la norma servirà anche a superare le profonde differenze tra nord e sud, che hanno anche evidenti ripercussioni sull’occupazione femminile.