I dati più recenti, relativi al 2022, secondo il rapporto redatto dal Dipartimento delle Politiche per la famiglia, l’Istat (Istituto Nazionale di Statistica) e l’Università Ca’ Foscari Venezia, dicono che al Sud meno di un bambino su sei (il 15%) con meno di 3 anni potrebbe avere accesso al nido, al nord uno su tre (il 33%). Sono 20 le province meridionali che registrano quote inferiori al 7%, con i livelli più bassi (inferiori al 2%) nelle province di Reggio Calabria, Vibo Valentia e Caserta, al Nord – Centro invece con percentuali superiori al 33% si trovano Gorizia, Bologna, Trieste e Firenze. Alcune regioni del sud si attestano addirittura su un posto ogni 10 bambini, con capoluoghi del mezzogiorno che non arrivano a questa cifra, per esempio Crotone (5,6%), Catania (7,5%), Messina (8,1%), Barletta (8,2%).
Fra le 110 province italiane sono solo 30 quelle che hanno una copertura media dei posti rispetto ai bambini tra 0 e 2 anni uguale o superiore al 33%; fra queste solo la provincia di Sassari appartiene al Mezzogiorno. Le province che hanno superato il 40% di copertura sono soltanto 11, nessuna al Sud. Un dato interessante è quello disaggregato: anche se al Centro-nord i posti disponibili arrivano anche al 41% nel sottoinsieme dei capoluoghi di provincia si incontrano situazioni di bassa copertura. Sono soltanto 12 le province italiane in cui la totalità dei comuni offre il servizio di asili nido; 43 quelle in cui i comuni garantiscono l’accesso ai nidi e alle strutture di prima infanzia; fanalino di coda Vibo Valentia, con il 4% dei comuni che offrono il servizio.
È cresciuta negli ulti anni la copertura dei posti disponibili rispetto al potenziale bacino di utenza, questo indicatore infatti passa dal 25,5% del 2018 al 26,9% del 2019, e si avvicina, pur restando ancora inferiore, al parametro UE del 33% fissato nel 2002 dal Consiglio europeo di Barcellona come obiettivo target da raggiungere per incentivare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro. Nel novembre 2022, il Consiglio dell’Unione Europea ha rivisto i target di Barcellona, alzando la percentuale al 45% e il limite temporale, posticipato al 2030. La crescita più significativa negli ultimi anni si è rileva in 2 regioni meridionali: la Campania e la Puglia (da 55,8% a 84,8%).
Una spinta dovrebbe arrivare dai tre miliardi di euro stanziati nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) per potenziare asili nido e scuole per l’infanzia su tutto il territorio nazionale. C’è inoltre un altro impegno importante nel Pnrr, inserito nel Ddl bilancio: entro il 2027 i Comuni dovranno garantire 33 posti negli asili nido ogni 100 bambini residenti tra i 3 e i 36 mesi sempre per favorire l’avviamento delle donne nel mondo del lavoro o il ritorno dopo una gravidanza.
Per l’anno scolastico 2023-2024 la Regione Emilia-Romagna investe nell’istruzione dei più piccoli, con oltre 70 milioni di euro, che provengono da programmi europei, fondi del ministero dell’Istruzione e da vari capitoli di fondi per l’infanzia della Regione, destinati a rendere gratuito il nido per le famiglie che vivono in montagna e nelle aree interne, per contrastare lo spopolamento e favorire la permanenza delle famiglie.
Il contributo per ogni posto creato dai Comuni per ridurre le liste di attesa passa da 4.500 a 5.300 euro annui e da sperimentale diventa strutturale. Nel Forlivese i comuni montani che accederanno ai finanziamenti per il nido gratuito sono: Civitella di Romagna, Dovadola, Galeata, Meldola, Modigliana, Portico e San Benedetto, Predappio, Premilcuore, Rocca San Casciano, Santa Sofia e Tredozio. In dieci anni la frequenza al nido in Emilia-Romagna è salita dal 29,3% al 39,4%. Al nido inoltre i bambini e le bambine continueranno ad usufruire del servizio innovativo dell’inglese per i più piccoli che l’anno scorso ha coinvolto 14mila piccoli della fascia 0-3.
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