Continua a salire la capienza complessiva degli asili nido in Italia, ma il numero rimeno molto al di sotto di quanto indicato dall’Ue. E anche rispetto alle richieste che arrivano dalle famiglie. La conferma arriva dal Rapporto sulla coesione sociale 2013 di Istat, Inps e ministero del Lavoro, pubblicato il 30 dicembre.
In base allo studio annuale, la quota di domanda soddisfatta rispetto al potenziale bacino di utenza (residenti fra zero e due anni) è passata dal 9% dell’anno scolastico 2003-2004 all’11,8% del 2011-2012. Una quota davvero ridotta, che se sommata alle strutture private si attesta ad una “copertura” nazionale attorno al 15%. La metà di quanto stabilito dall’Ue, più di una decina di anni fa, attraverso il trattato di Lisbona.
Ma i limiti nazionali sono anche altri. Si confermano, infatti, rilevanti le differenze territoriali: sempre scorrendo il Rapporto sulla coesione sociale 2013, si scopre che i bambini che frequentano asili nido comunali o finanziati dai comuni variano dal 3,5% del Sud al 17,1% del Nord-est, mentre la percentuale di Comuni che garantiscono la presenza del servizio passa dal 24,3% del Sud all’82,6% del Nord-est.
Nell’anno scolastico 2011-2012 – secondo quanto rileva il Rapporto – sono 155.404 i bambini fra zero e due anni compiuti iscritti agli asili nido comunali; altri 46.161 usufruiscono di asili nido convenzionati o sovvenzionati dai Comuni. In totale ammontano a 201.565 gli utenti dell’offerta pubblica complessiva. Nel 2011, la spesa impegnata dai Comuni per gli asili nido è di circa 1 miliardo e 534 milioni di euro: il 18,8% è rappresentato dalle quote pagate dalle famiglie, pertanto quella a carico dei Comuni è di circa 1 miliardo e 245 milioni di euro.
Inoltre, tra il 2004 e il 2011 aumenta del 46,4% la spesa corrente per asili nido, al netto della compartecipazione pagata dagli utenti, con un deciso rallentamento nell’ultimo anno (+1,5% sul 2010). Nello stesso periodo cresce del 37,9% il numero di bambini iscritti agli asili nido comunali o sovvenzionati dai Comuni (oltre 55 mila in più) malgrado il lieve calo registrato nell’ultimo anno (-0,4%).
Tutti segnali che indicano incrementi davvero troppo lievi per parlare di inversione di tendenza o di adeguamento ai Paesi più avanzati.