L’Unione Europea si complimenta con l’Italia e altri 11 Paesi virtuosi del Vecchio Continenti: hanno raggiunto e superato l’obiettivo Ue di fornire almeno a 1 bimbo su 3 un posto al nido. Il nostro Paese è passato o dal 25% del 2011 al 34,4% del 2016. I dati fanno parte del rapporto della Commissione Ue sugli ‘obiettivi di Barcellona’ fissati nel 2002.
Analizzandoli, si scopre che nel corso degli anni la percentuale è stata altalenante, crollando al 21% nel 2012 per poi risalire al 27,3% nel 2015. Fa, inoltre, un po’ pensare che per raggiungere l’obiettivo posto dall’Unione Europea siano serviti ben 16 anni per raggiungerlo.
Inoltre, sempre l’Italia, con il 92,6%, ha anche da tempo raggiunto e superato l’obiettivo del 90% di bambini alla scuola dell’infanzia (con alte percentuali di istituti parificati o comunali), dai 3 anni di età sino all’inizio della scuola dell’obbligo. Anche in questo caso, per i bimbi tra i tre e i sei anni a scuola, abbiamo assistito ad un calo con un picco negativo dell’85,9% nel 2015, in quanto nel 2011 era al 95%.
Secondo la Commissione Ue, nel loro complesso i 28 hanno centrato quello del 33% per i piccoli tra 0 e 3 anni al nido, mentre si avvicinano a raggiungere il 90% di bambini alla materna. Ci sono però grosse differenze tra Paesi, di cui solo 12 tra cui l’Italia hanno centrato l’obiettivo sia per gli asili nido che le scuole materne di qualità e a prezzi abbordabili.
Di prezzi a “buon mercato” per la frequenza degli asili nido, tuttavia, non se ne parla nemmeno. Le tariffe risultano, infatti, a “macchia di leopardo”, con i grandi centri del Nord dove non bastano 500 euro al mese. Va meglio al Sud, dove però la richiesta è ancora molto bassa e quando c’è solo fino all’ora di pranzo, poiché la tendenza delle famiglie rimane quella di tenere a casa i bimbi fino a tre anni, anche perché difficilmente le donne trovano un impiego.
A questo proposito, quasi il 20% di donne italiane nel 2016 (si tratta però della decima percentuale più bassa nell’Ue), ha segnalato come causa la carenza di infrastrutture come ragione per la loro assenza dal mercato del lavoro o la loro presenza solo a tempo parziale.
E non è un caso, ha ammesso la Commissione Ue, che i motivi economici contano per ben il 22,8% tra le ragioni per cui le famiglie italiane decidono di non mandare i bambini all’asilo, e solo il 3,4% per mancanza di posti disponibili. Le ultime rilevazioni nazionali, prodotte da Cittadinanzattiva, ci dicono che Una famiglia media italiana, con un bimbo al nido e un altro all’asilo, alla materna o primaria, spende al mese 380 euro, precisamente 301 euro per la retta dell’asilo e 80 euro circa per la mensa.
Senza dimenticare che nei grandi capoluoghi, come Roma e Milano, l’accesso al nido rappresenta come vincere alla lotteria: con la differenza che, nelle strutture pubbliche, se si riesce ad essere inseriti nella lista degli ammessi, poi, quando entrambi i genitori lavorano, i costi della retta risultano davvero troppo alti.
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