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Asili nido e scuola dell’infanzia per tutti: qualcosa si muove

Si parla di decenni di asili nido ovunque e per tutti. Come di scuola dell’infanzia ”generalizzata”. Ma mai come in questo momento i tempi sembrano essere stati maturi perché ciò avvenga: lo chiedono le famiglie, in prevalenza al Centro-Nord, lo chiedono le mamme, troppo spesso penalizzate dalla mancata possibilità di lasciare al nido o alla scuola dell’infanzia i loro figli. Ed ora lo chiedono anche tanti parlamentari.

Il 10 giugno la Commissione Istruzione al Senato ha avviato la discussione generale sul disegno di legge che, attraverso un sistema integrato per l’infanzia, propone nuovi strumenti per estendere l’educazione prescolare – dai tre mesi ai sei anni – su tutto il territorio nazionale, garantendo così a tutti i bambini pari opportunità di apprendimento.

Ad oggi, invece, fino a 3 anni la media nazionale di bambini accolti è inferiore al 15%. Con punte superiori al 25% in Emilia Romagna, ma anche con modeste percentuali, inferiori al 10% di fruitori potenziali, al Sud e nelle Isole.

L’11 giugno, ha detto la relatrice del provvedimento, Francesca Puglisi (Pd), “durante l’ufficio di presidenza stabiliremo il termine ultimo per la presentazione degli emendamenti. Poi passeremo alla votazione”. Al ddl, che ”afferisce al Ministero dell’Istruzione” (i nidi sono ”il primo segmento del diritto educativo”), sono stati ”abbinati – aggiunge Puglisi – anche due testi della Lega Nord, che chiedono rispettivamente un nuovo piano straordinario per l’infanzia e un aiuto economico ai Comuni”.

In generale, c’è l’impegno dello Stato, coordinato con Regioni ed enti locali, a garantire la copertura di posti in asilo nido per il 33% dei bambini nel 75% dei territori entro il 2020. Con il piano straordinario per l’infanzia del 2007 e rifinanziato nei due anni successivi – si legge nella relazione introduttiva al ddl – la quota degli utenti di un servizio socio educativo pubblico era salita dal 9,5% al 14%, ma con ampie differenze territoriali, soprattutto tra nord e sud.

La scuola dell’infanzia accoglie invece il ”94% dei bambini tra i tre e i sei anni”: nel dettaglio, le scuole statali ”danno risposta al 60%” dei bambini, ”quelle paritarie pubbliche, gestite dai comuni, al 12%”. Per quanto riguarda infine gli investimenti, conclude Puglisi, è previsto ”un finanziamento statale, graduale negli anni, che va a implementare la spesa di Regioni ed enti locali, con una quota paritaria pari al 50%”.

Per l’attuazione della legge sono previsti quindi ”oneri” pari a ”500 milioni di euro per il 2014”, che andranno aumentando negli anni successivi fino ”ai 1.500 milioni di euro nel 2019”. In aiuto per le famiglie anche i ”ticket nido”, voucher del ”valore massimo di 150 euro”, che le aziende potranno erogare per aiutare i lavoratori e le lavoratrici a sostenere le spese del nido.

Se il ddl dovesse essere approvato con l’attuale testo, è prevista anche la nascita sui territori di veri e propri poli per l’infanzia (omnicomprensivi di servizi scolastici ed educativi), della garanzia di qualifiche universitarie per il ”personale educativo” e ”tempi ragionevoli” per gli spostamenti tra casa e scuola-servizio.

Prima di arrivare al testo che presto verrà votato, con diversi schieramenti bipartisan che si sono detti favorevoli, nei giorni scorsi la VII Commissione della Camera ha ascoltato le proposte delle parti in causa. Come quelle delle Regioni, per le quali hanno parlato gli assessori Marzocchi (Emilia-Romagna) e Aprea (Lombardia), che hanno chiesto chiarezza istituzionale, e dei sindacati: tra cui l’Anief, che ha chiesto di anticipare la scuola a 5 anni, con classi ‘ponte’ che prevedano la compresenza di maestri dell’infanzia e della primaria.

Alessandro Giuliani

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