Ieri abbiamo presentato la situazione, alquanto desolante, emersa dal recente Report, che si concentra su quattordici città metropolitane, sul benessere equo e sostenibile dei territori di Istat. Nello studio sono evidenti le differenze tra Nord e Sud in quanto a istruzione, accessi in asili nido.
In particolare, la città di Catania, ad esempio, è la peggiore per numero di bambini che accedono agli asili nido comunali (4,5%) contro la media nazionale pari al 17%, e Bologna a quasi il 40%. A Messina la maglia nera per persone che hanno conseguito il diploma e di laureati. A Palermo invece il record di studenti con scarse competenze in italiano e matematica.
Ecco il commento del direttore della Tecnica della Scuola, Alessandro Giuliani, “Il problema è complesso, non riguarda solo la scuola. Nella legislatura pentastellata accadde che milioni di euro stanziati per il tempo pieno al Sud tornarono indietro e non furono utilizzate. Al Sud esistono dei parametri che vanno a cozzare con il tempo pieno”.
“Catania, ad esempio, non ha quell’aggregato istituzionale che supporta l’inserimento a scuola. C’è un fattore culturale, una grossa percentuale di non occupazione delle madri, non c’è volontà di creare mense, non c’è un buon sistema di bus”, ha elencato il direttore.
“Le istituzioni colgono che non c’è una forte esigenza, se ci fosse una spinta sociale la richiesta sarebbe un po’ più presa in considerazione. Le famiglie sono le prime a non sentirne il bisogno. Le motivazioni sono complesse, è un mix di esigenze. C’è bisogno di lavorare nelle famiglie, è una scommessa da vincere, ma bisogna coinvolgere anche i Ministeri delle Finanze e del Lavoro, senza soldi non si va da nessuna parte”, ha aggiunto.
Diverso il caso dell’accesso alle Università, dove, ad esempio il dato della città di Bari risulta invece migliore della media nazionale (52,2 per cento, 0,5 punti sopra la media nazionale). Ecco come se lo spiega Giuliani: “Dopo il diploma i ragazzi stessi si rendono conto che l’Università diventa un passaggio quasi inevitabile. Nel caso delle Università sono gli stessi ragazzi a voler investire nel loro futuro. C’è anche l’alternativa degli ITS, su cui sta tanto investendo che offre chance di lavoro anche in regione meno felici da questo punto di vista”.
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