In termini assoluti, l’offerta di nidi sul territorio nazionale è rimasta in linea con quella dell’anno precedente (350mila posti autorizzati), con una crescita relativa, legata alla diminuzione delle nascite.
Nel 2021 sono saliti a 28 i posti disponibili nei nidi e nei servizi prima infanzia, ogni 100 bambini con meno di 3 anni. Tuttavia, mentre l’Ue aggiorna, innalzandoli, gli obiettivi di Barcellona del 33%, l’Italia del Sud e le aree interne restano ancora molto distanti anche dalla media nazionale.
Questo è quanto emerge da un approfondimento condotto dalla Fondazione Openpolis #conibambini, che dimostra quanto la crescita dell’offerta sia lenta nel Paese. I dati sono stati elaborati a partire da fonte Istat, incrociati con i dati demografici e con quelli relativi alla classificazione per aree interne di fonte dipartimento per la coesione territoriale.
Poco più di un anno fa il consiglio dell’Ue ha indicato il nuovo obiettivo tendenziale del 45%, per cui gli stati che oggi sono al di sotto del 20% dovrebbero migliorare il proprio indicatore di almeno il 90% e quelli tra 20 e 33%, tra cui l’Italia, dovrebbero migliorare di almeno il 45%.
Seppure negli ultimi dieci anni l’Italia ha visto crescere l’offerta potenziale, gli obiettivi europei restano ancora lontani, mostrando in modo evidente i divari territoriali.
Analizzati a livello territoriale, infatti, i dati relativi al 2021 descrivono un’Italia profondamente divisa nel garantire l’accesso agli asili nido. Una parte del paese ha già superato, o si sta comunque avvicinando, al primo obiettivo europeo, quello del 33%. Sono tre le province dell’Emilia Romagna che hanno già superato l’obiettivo 45%: Ravenna (48,9 posti ogni 100 bambini), Bologna (48) e Ferrara (47,5). E altre ancora, localizzate nell’Italia centrale, sono poco distanti dalla nuova soglia: Perugia (44,1), Trieste (43,3), Firenze (43,3), Forlì-Cesena (42,9), Terni (42,3).
Sono complessivamente 6 le regioni al di sopra della soglia del 33% e tra queste anche Toscana (38,4), Friuli-Venezia Giulia (36,8) e Lazio (36,1).
Si avvicinano al 33% anche Sardegna (32,5%), Veneto (32,4) e Liguria (32,2) e anche altre 4 regioni non sono troppo distanti, Trentino Alto Adige, Piemonte, Lombardia e Marche.
Con l’eccezione della Sardegna, nessuna regione del mezzogiorno si trova al di sopra della media nazionale (28%). Tre si attestano al di sotto dei 15 posti ogni 100 bambini: Calabria (14,6), Sicilia (13) e Campania (11,7).
L’approfondimento di Openpolis mette anche in luce la spaccatura tra città e aree interne. Nei comuni polo i posti nido sono in media oltre 34 ogni 100 minori residenti, mentre l’offerta scende al 25% nei comuni di cintura e negli hinterland delle città maggiori; cala addirittura attorno a quota 20% nei comuni periferici e al 15-16% in quelli ultra periferici.
In 11 capoluoghi è presente più di un posto ogni due bambini residenti: Nuoro (73,8 ogni 100 residenti sotto i 3 anni), Ferrara (62,7), Siena (58,9), Sassari (58,3), Forlì (56,7), Firenze (53,7), Trento (51,2), Lecco (51), Rovigo (50,8), Bergamo (50,8) e Padova (50,3). Entro un punto da quota 50% anche Bologna, Roma, Pisa e Udine.
Sono 3 i capoluoghi con meno di 10 posti ogni 100 bambini. Agli ultimi posti ci sono diverse grandi città del Sud Italia, con 10 posti ogni 100 residenti con meno di 3 anni, tra questi Barletta (8,6), Catania (8,4) e Messina (7,3) e appena poco sopra questa soglia anche Napoli, Caserta, Trani, Palermo, Isernia, Andria e Ragusa. Tutte con percentuali comprese tra 10 e 15%.
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