Tra qualche giorno riaprono le scuole. E anche gli asili nido. Perchè in Italia, oltre un milione di bambine e bambini tra zero e tre anni rimarranno a casa, con i genitori, i nonni o le babysitter: la tendenza è nota, soprattutto da Roma in giù, ma non per questo è meno grave.
I lati positivi della frequenza del nido
Perché per lo sviluppo autonomo e completo del bambino, lo dicono i pediatri e gli studi di pedagogia, rimangono fondamentali sia lo “stacco” dai genitori per qualche ora al giorno, sia il gioco con i “pari”. Proprio quello che garantiscono i nidi. I quali, invece, vengono disertati da tre bimbi italiani su quattro. Mentre in Europa l’accesso è garantito per uno su tre.
I numeri, sempre bassi, sono attendibili, perché lavorati sui dati ufficiali Istati. E anche recenti. A produrli è stata la Fp Cgil Nazionale, che ha realizzato una ricerca su scala nazionale sui dati Istat relativi all’offerta comunale di asili nido e altri servizi socio-educativi per la prima infanzia in parallelo con le rilevazioni della banca dati Istat.
Per molti non è una scelta: costi altissimi
Il sindacato è giunto alla conclusione che per le famiglie l’impossibilità di iscrivere un bimbo al nido è dettata da motivi diversi: per scelta, sicuramente, soprattutto al Sud, ma sempre più spesso perché sono ‘respinte’, tra una scarsa offerta pubblica, in progressivo definanziamento, e l’esosa richiesta privata.
Ricordiamo che anche le rette delle strutture comunali, tranne i casi “sociali”, risultano altissime: nei grandi centri, come Roma o Milano, per una famiglia media possono superare i 500 euro al mese a figlio. E il privato costa ancora di più.
Diventa quindi necessario, scrive la Fp Cgil Nazionale, “invertire la rotta sugli investimenti sul personale che opera nel settore, attraverso nuove assunzioni, percorsi di riqualificazione e rinnovo del contratto nazionale”.
Ancora poche strutture
Nel testo di presentazione dello studio, si rilancia la campagna della categoria dietro le parole #ChiedoAsilo: perché l’asilo nido sia un diritto e non più un servizio a domanda individuale.
Inoltre, la Fp Cgil riporta come l’Istat abbia censito sull’intero territorio nazionale, per l’anno scolastico 2016-2017, 13.147 servizi socio-educativi per l’infanzia, tra pubblici e privati, di cui 11.017 sono asili nido.
La quantità di strutture è tale da coprire nel complesso circa 354 mila bambine e bambini, in poco più della metà dei casi allocati in posti pubblici, e di cui 320 mila nei nidi.
Peraltro, con differenze notevoli a livello regionale: in Emilia Romagna, ad esempio, l’offerta è garantita per circa la metà dei bambini, mentre al Meridione le percentuali sono abbondantemente al di sotto del 10%.
In Europa vanno molti più bambini
Numeri che corrispondono al 24% del potenziale bacino di utenza, ovvero 24 posti ogni 100 bambini under tre anni, ancora ben al di sotto da quel 33% fissato dall’Unione Europea nella (oramai passata) strategia di Lisbona che prevedeva entro il 2010 una copertura comunque pari al 33%.
Quindi, l’Italia si ritrova quasi 10 punti percentuali sotto la media del vecchio Continente.