La legge 448 del 23 dicembre 1998 (si trattava un collegato alla Legge finanziaria per la predisposizione del bilancio dell’anno 1999) aveva aperto la strada al cosiddetto "anno sabbatico".
Il comma 14 dell’art. 26 recitava infatti: "I docenti e i dirigenti scolastici che hanno superato il periodo di prova possono usufruire di un periodo di aspettativa non retribuita della durata massima di un anno scolastico ogni dieci anni. Per i detti periodi i docenti e i dirigenti possono provvedere a loro spese alla copertura degli oneri previdenziali".
La disposizione in questione – come è facile intuire – agevola di fatto in misura molto ridotta l’accesso a forme di aspettativa per motivi di ricerca e studio, in quanto prevede comunque la sospensione dello stipendio.
In ogni caso apre una porta che – nei futuri contratti di lavoro del personale – potrebbe trovare una più adeguata considerazione.
La norma – peraltro – è stata variamente interpretata nelle diverse situazioni. In pratica: come va intesa la dicitura "durata massima di un anno scolastico ogni 10 anni? "Significa – per esempio – che si può fruire di 3 mesi all’anno per 4 anni consecutivi?
A dirimere ogni dubbio è intervenuto di recente il Ministero della Pubblica Istruzione che – con una circolare del 28 marzo rende noto il parere del proprio ufficio legislativo.
"L’aspettativa – precisa il MPI – non può essere frazionata in più periodi inferiori all’anno scolastico" e spiega così la questione: "Il tenore letterale della disposizione e gli elementi ricavabili dall’esame della discussione parlamentare nel corso della quale il periodo di aspettativa di cui trattasi è stato più volte indicato alla stregua di un ‘anno sabbatico’, ovvero di ‘un anno di riflessione importante per la formazione’ portano a ritenere che l’avvenuta fruizione di un periodo di aspettativa sia pure inferiore all’anno scolastico esaurisca, nell’arco del decennio in considerazione, la possibilità per il personale interessato di richiedere, allo stesso titolo, ulteriori periodi di assenza".
Al tempo stesso il MPI precisa però che "i dipendenti aventi titolo a richiedere tale periodo di aspettativa non retribuita non sono tenuti ad enunciare i motivi della richiesta" e che pertanto "la fruizione del periodo di assenza in parola è sottratta all’apprezzamento discrezionale dell’Amministrazione".