L’aspettativa in caso di ammissione a corsi di dottorato di ricerca, a norma di legge, va riservata al rapporto di lavoro a tempo indeterminato, stante il riferimento alla prosecuzione del rapporto (per una durata minima di 2 anni) dopo il conseguimento del titolo medesimo.
Si tratta di un’importante agevolazione per i lavoratori del comparto scuola, prevista dal CCNL, che consente di sospendere il servizio per motivi di studio, ricerca o dottorato di ricerca.
Si tratta quindi di un’aspettativa per motivi di studio e può durare per tutta la durata del dottorato di ricerca e non può essere confusa con i permessi studio. Nello specifico consiste nel diritto spettante al dipendente pubblico di essere collocato in aspettativa dall’amministrazione di appartenenza nel caso in cui risulti ammesso ad un corso di dottorato di ricerca presso una università.
L’aspettativa per dottorato di ricerca non può essere concessa ai pubblici dipendenti che abbiano già conseguito il titolo di dottore di ricerca e viene concessa, dal 2011 (con la riforma Gelmini), previa verifica della compatibilità con le esigenze di servizio dell’amministrazione.
Infatti il dirigente scolastico può respingere la domanda esclusivamente per motivi di servizio, che vanno ovviamente indicati nel provvedimento.
Riguardo il trattamento economico spettante al dipendente pubblico che fruisce dell’aspettativa, ci sono due casi da distinguere: il dottorato con borsa e senza borsa.
Nel primo caso, cioè quando il corso di dottorato di ricerca prevede un assegno mensile a carico dell’università, il pubblico dipendente viene collocato in aspettativa senza assegni, cioè un’aspettativa senza retribuzione a carico dell’amministrazione pubblica di appartenenza.
Qualora, invece, il pubblico dipendente venga ammesso ad un corso di dottorato senza borsa, l’amministrazione pubblica di appartenenza è tenuta a concedere l’aspettativa retribuita, cioè con la retribuzione mensile ordinariamente versata al dipendente.
Il periodo di aspettativa è utile ai fini della progressione di carriera e ai fini pensionistici (sia per la pensione che per la liquidazione).
Dopo il conseguimento del titolo di dottore di ricerca, la legge stabilisce che. qualora, cessi il rapporto di lavoro o di impiego con qualsiasi amministrazione pubblica per volontà del dipendente nei due anni successivi, quest’ultimo è tenuto a restituire tutte le retribuzioni percepite durante l’aspettativa laddove queste fossero rimaste a carico dell’amministrazione (quindi nel caso di aspettativa retribuita).
MODULI (fonte Wolters Kluwer)
Aspettativa per dottorato di ricerca senza assegni
Aspettativa per dottorato di ricerca retribuita
Con la nota n.18553 del 25 settembre 2017, l’ufficio scolastico dell’Emilia Romagna fornisce le indicazioni operative per le scuole riguardo la concessione dei congedi straordinari per dottorati di ricerca all’estero.
Cosa fare a seguito di ricezione di domande di congedo straordinario per dottorati di ricerca all’estero, anche al fine di scongiurare un eventuale danno erariale?
Secondo le norme che regolamentano l’istituto giuridico del congedo straordinario per dottorato di ricerca, nel caso in cui il dipendente abbia ottenuto l’ammissione al dottorato senza assegni, o meglio senza borsa di studio, è prevista la conservazione del posto, del trattamento economico, previdenziale e di quiescenza in godimento.
Nel caso di università non statali o telematiche, quale condicio sine qua non per l’attivazione dei corsi di dottorato, è, però, necessario l’accreditamento della struttura formativa, in coerenza con le linee guida condivise a livello europeo (secondo gli articoli 1 e 2 del Dm 45/2013). La nota invita, infine, a prestare massima attenzione nella concessione di congedi straordinari per dottorati di ricerca all’estero, stante l’attuale apparentemente anomala intensificazione, e di verifica della sussistenza dei requisiti per la concessione del beneficio.
Nel caso di dottorato di ricerca estero e del conseguente esonero chiesto dal docente interessato, è necessaria la preventiva positiva valutazione di equipollenza, con analogo titolo conseguibile presso le università italiane da parte del Miur, in linea con quanto dettato dall’articolo 74 del Dpr 382/1980.
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