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Aspiranti docenti in Francia: un disastro. Incerti nella lingua, scarsi in matematica, poveri in cultura. E in Italia?

In Francia si è appena concluso un concorso di reclutamento per insegnanti che ha messo a nudo carenze di ogni genere: in grammatica, ortografia, coniugazione, sintassi e matematica. Anche culturalmente il livello è risultato basso.

Come da noi, si parla tanto del calo di livello nell’apprendimento degli alunni, ma questa volta a far discutere è la preparazione dei loro docenti. Ne dà notizia il giornale online Scenari economici che riporta il francese Marianne.

Nel Rapporto conclusivo si legge che gli esaminatori “sono ancora stupiti dalla mancanza di padronanza della lingua francese, notano molti errori di ortografia (accordi di base), errori di sintassi ed espressioni colloquiali. Le virgole, in genere, sono usate raramente”. E ancora: “Pochissimi candidati citano fonti che permetterebbero di dimostrare una cultura personale. Alcuni lo fanno usando l’autore sbagliato, citando un reality show o cartoni Disney. Una piccola minoranza è in grado di citare alcune letture personali”.

Errori, parole vaghe e incoerenti. Mancano i fondamentali

Le difficoltà manifestate dagli aspiranti docenti riguardano, si scrive nel Rapporto, tanto la comprensione e definizione di un termine, pur inserito in un contesto che avrebbe dovuto aiutare, quanto l’utilizzo di parole che si usano solo nel linguaggio familiare e non dovrebbero essere calate nell’elaborato di un concorso “che mira a reclutare futuri esperti che saranno incaricati di insegnare la lingua francese agli alunni più giovani”.

A Marsiglia la media generale nella sezione “lessico e comprensione lessicale” è di 1,84/4, un punteggio decisamente basso. A Limoges i problemi nella lingua comportano penalizzazioni in tutte le prove: in francese il 45% ottiene la massima penalità, ma anche in matematica la percentuale é del 26,4%. A Clermont-Ferrand, la giuria nota che i candidati rispondono quasi a caso alle domande poste.

Anche in matematica i commissari rilevano risultati molto bassi, risposte lasciate in bianco, improprietà lessicali, termini non pertinenti, addirittura “moltissimi candidati non conoscono la definizione di un numero decimale“.

E in Italia?

A più riprese abbiamo letto sui giornali il grido di dolore di alcuni professori universitari che lamentano il basso livello di competenza linguistica dei loro studenti, che riescono a laurearsi comunque, magari ricorrendo a qualche espediente, come rivolgersi ai ghost writers a pagamento per la stesura del proprio elaborato. Ma una volta ottenuta la laurea i nodi vengono al pettine. Anche chi ha non ha perfezionato la propria capacità di scrittura andrà a fare concorsi nella scuola, nella pubblica amministrazione, nella magistratura, dove prima o poi le lacune pregresse salteranno fuori.

Adesso col Ministero dell’Istruzione e del Merito, vedremo come si riproporrà la questione ultradecennale della valutazione dei docenti, tanto in ingresso quanto durante lo sviluppo della carriera.

Intanto l’articolo su Scenari economici conclude con una osservazione fra il rassegnato e il provocatorio: “La decadenza dell’insegnamento scolastico, anche in Francia, viene quindi a dipendere dalla scarsa qualità della classe docente. Come si può insegnare, se non si conosce o si conosce solo in modo estremamente superficiale? Eppure le parole ‘merito’, ‘studio’, “apprendimento” sembrano messe in secondo piano in un mondo che segue più le mode sociali e woke, preparando, letteralmente, classi di studenti somari guidati da docenti ciuchi”.

Anna Maria Bellesia

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