Ad inizio anno scolastico, nell’assegnare le classi ai docenti, i dirigenti scolastici farebbero bene ad adottare regole chiare, coerenti e finalizzate alla miglior didattica.
Pensando a salvaguardare la didattica e senza mai entrare in contraddizione con i criteri generali stabiliti in Consiglio d’Istituto, su proposta del Collegio dei Docenti. È quanto emerge dell’esito di una diatriba giudiziaria svoltasi in Calabria, a seguito del ricorso presentato da un docente che lamentava una discriminatoria assegnazione delle classi da parte del proprio dirigente scolastico: troppe classi, perché tutte della disciplina con meno ore settimanali.
Il docente ricorrente, che insegna Matematica e Fisica, è stato tra i pochi su 28 a cui è stato assegnato l’insegnamento della sola Fisica in ben 6 classi, nonostante egli fosse tra i più anziani dell’Istituto.
Ebbene, nel formulare un’ordinanza cautelare, il giudice del lavoro di Reggio Calabria ha dato ragione al docente, “con accoglimento totale” del ricorso e ribaltando l’esito del primo pronunciamento.
Durante l’appello, il legale del docente ha spiegato che la scelta del ds ha prodotto un “demansionamento”, perché “l’assegnazione della cattedra come disposta dalla DS in questo anno scolastico, oltre a non consentire l’insegnamento della Matematica, risultava essere un’accozzaglia di classi riunite a caso, tutte di corso diverso, e rigorosamente cambiate rispetto all’anno precedente”.
Operando in questo modo, si rischia “di ‘marchiare’ il docente con disparità rispetto agli altri” e di rasentare un “atteggiamento discriminatorio”: nella fattispecie, sostiene sempre il legale del docente, la discriminazione “nei suoi confronti si evinceva con assoluta chiarezza nel fatto che tra 28 Docenti che insegnavano Matematica e Fisica” che “per la stragrande maggioranza si erano visti assegnare circa 3 classi”.
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L’amministrazione ha ribattuto, tra le altre cose, sostenendo che non vi era stata alcuna discriminazione, perché “l’anzianità di servizio era stata debitamente considerata dal DS che in virtù di tale dato aveva individuato” il docente “quale destinatario di specifici incarichi extracurricolari, nell’ambito dei quali valorizzarlo per le competenze acquisite”. Inoltre, “nell’ambito della discussione avrebbe potuto far valere il proprio dissenso” (invece di ricorrere al giudice).
Controreplica della difesa del docente: non è possibile assegnare le cattedre “senza alcun fondamento didattico e pedagogico, senza considerare il criterio della continuità didattica, l’esperienza e professionalità acquisita”.
E i giudici hanno reputato corretta questa linea: hanno scritto nella sentenza, infatti, che è stata “sproporzionata e immotivata” la “determinazione dirigenziale di assegnare al reclamante un numero di classi in buona parte doppia rispetto ad altri colleghi nell’ambito della disciplina della Matematica e Fisica , senza che l’Amministrazione abbia fornito in questa sede adeguata, logica e pertinente giustificazione“.
E questo, pur tenendo conto del “potere discrezionale riconosciuto dalla legge al Dirigente scolastico di assegnare i docenti alle classi in forza dell’art. 396 dlgs 297/1994 e rientrando nelle prerogative dirigenziali in generale previste dal dlgs 165/2001 (art 25)”.
Ma “il potere dirigenziale di assegnazione alle classi – continuano i giudici – soggiace al rispetto, in via speciale, dei criteri posti dal Consiglio di istituto e dalle proposte degli organi collegiale e, in via generale, dai predetti principi di correttezza, buona fede e imparzialità”.
E questi principi non sarebbero stati adottati, alla luce dei “seguenti dati dell’assegnazione complessiva operata dal Dirigente: 14 docenti assegnati su tre classi, 14 docenti su quattro classi, 2 docenti su cinque classi, 3 docenti su sei classi, 1 solo docente su sette classi”.
Tra i docenti con sei classi (circa 150 alunni da seguire oltre a tutte le prevedibili dispendiose attività”), c’era il prof ricorrente. Che ha avuto ragione, anche se solo nella parte in cui riguardava la sperequazione delle classi assegnate dal ds.
Perché, hanno concluso i giudici, “a fronte di tale evidente sproporzionato sacrificio imposto dalla dirigente scolastica al reclamante, la difesa dell’Amministrazione” aveva anche “l’onere di dare congrua e logica motivazione di siffatta oggettiva disparità rispetto ad altri docenti”.
Intanto, apprendiamo dall’avvocatura dello Stato di Reggio Calabria che a seguito della sentenza la stessa aveva intenzione di richiedere, al tribunale del lavoro, una riammissione del giudizio per entrare nel merito, ma non è stato ritenuto utile, in quanto il docente, nel frattempo, è stato trasferito d’ufficio al direttore generale dell’Usr Calabria per motivi di incompatibilità ambientale.
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