Chi scrive ha più volte denunciato le ingiustizie prodotte dal sistema dell’algoritmo per le assegnazioni delle supplenze.
Tra gli aspetti più controversi è l’assegnazione delle supplenze senza un quadro esaustivo delle disponibilità, col risultato che spesso i docenti più meritevoli vengono “saltati” (e lasciati “a spasso”), mentre le cattedre più appetibili vengono successivamente assegnate a docenti collocati in posizione deteriore.
Oltre alle profonde ingiustizie che si producono, ciò che non convince è l’idoneità di questo strumento a raggiungere il fine per cui è stato previsto, vale a dire assicurare l’avvio dell’anno scolastico con tutti gli insegnanti in cattedra.
L’assegnazione “automatica” delle supplenze (senza l’indispensabile supervisione dell’essere umano) in alcuni casi fa ricadere la scelta su un docente già di ruolo (ma non cancellato dalle graduatorie) o su un docente che preferisce rinunciare perché la cattedra non gli è gradita,.
Inconvenienti che ovviamente non si verificano in caso di convocazioni in presenza, le quali – contrariamente a quanto penserebbe un “non addetto ai lavori”-garantiscono nei fatti una maggiore celerità (oltre che correttezza).
Invece, l’assegnazione automatica costringe l’Amministrazione a ripetere le operazioni sulle cattedre già assegnate (ma poi rimaste scoperte), tanto che a qualche settimana dalle vacanze natalizie si continuano ancora a nominare gli insegnanti su cattedre che erano vacanti dal primo giorno di scuola.
Proprio in questi giorni (27 novembre 2023), è giunta l’ennesima bocciatura per l’algoritmo da parte del Tribunale di Gela, in quanto il sistema predisposto dai tecnici del Ministero non aveva previsto il caso di una docente riservista (quindi avente diritto all’assunzione perché invalida) e contemporaneamente beneficiaria della legge 104 (dunque avente diritto alla scelta della sede).
L’algoritmo collocava la docente in coda alle nomine, su sedi da lei non gradite (e dunque non espresse), per cui la saltava e l’ignorava del tutto nell’assegnazione delle supplenze.
Dunque, una docente gravemente invalida e avente diritto alla scelta della sede veniva lasciata addirittura senza lavoro.
Si tratta di un evidente falla del sistema, costata al Ministero una pesante condanna alle spese processuali per oltre 4000 euro oltre accessori (di fatto più di 6000 euro), nonché di altri mille euro per lite temeraria, in quanto lo stesso episodio si era verificato anche nell’anno precedente, senza che il Ministero ci avesse “messo giudizio”.
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