L’assegnazione dei docenti alle classi è spesso fonte di malumori.
In genere, vengono confermati i docenti che hanno seguito la classe negli anni precedenti, ma non mancano casi in cui la regola della continuità non viene seguita.
Va innanzi tutto precisato che il criterio della continuità (per quanto generalmente adottato da tutte le scuole) non è fissato dalla legge.
Il Testo Unico della scuola prevede che sia il consiglio di circolo o d’istituto a stabilire i criteri generali relativi alla formazione delle classi e all’assegnazione ad esse dei singoli docenti (art. 10, comma 4).
Mentre il Collegio dei docenti, da parte sua, “formula proposte” per l’assegnazione alle classi dei docenti (art. 7. comma 2, lett. b).
Nonostante la chiarezza della norma (l’art. 25 del D. Lgs. n. 165/2001) che dice a chiare lettere che i poteri del Dirigente Scolastico devono essere esercitati “nel rispetto delle competenze degli organi collegiali” (e l’art. 396 del D. Lgs. n. 297/1994 che stabilisce che al personale direttivo procede “alla formazione delle classi, all’assegnazione ad esse dei singoli docenti (…) sulla base dei criteri generali stabiliti dal consiglio di circolo o d’istituto e delle proposte del collegio dei docenti”, nelle scuole si ha la sensazione che il Dirigente Scolastico abbia un potere del tutto discrezionale nell’assegnare le classi a questo o quel docente.
Ci si chiede in particolare se il Dirigente Scolastico sia tenuto a seguirei criteri stabiliti dagli organi collegiali o li possa considerare quali meri “pareri”, di cui tenere conto, ma privi del carattere della vincolatività.
Che le cose non stiano così lo ha ricordato la Corte di Cassazione con ordinanza n. 11548/2020.
Con tale pronuncia, la Corte di legittimità ha respinto un ricorso del Ministero che sosteneva che il dirigente scolastico “gode di autonomia decisionale” e che le determinazioni del Consiglio d’Istituto e del collegio dei docenti, “pur concorrendo alle sue decisioni, non hanno carattere imperativo”.
La Corte ha invece ricordatocome la competenza nell’assegnazione alle classi non deve essere considerata atto discrezionale, ma deve essere esercitata nel rigoroso rispetto delle competenze degli organi collegiali, nonché delle norme procedurali contenute nel Testo Unico della Scuola.
Il docente che non dovesse sentirsi soddisfatto del provvedimento di assegnazione delle classi dovrà anzi tutto verificare quali sono i criteri stabiliti dagli organi collegiali, tenendo conto che mentre quelle del Collegio dei docenti sono delle semplici proposte, i criteri stabiliti dal consiglio d’istituto sono vincolanti.
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