Si inasprisce la protesta degli insegnanti del meridione sulla mancata volontà del Miur di concedere le assegnazioni provvisorie in deroga al vincolo triennale.
Il giro di vite per il prossimo anno scolastico, infatti, imporrebbe a migliaia di docenti il trasferimento al nord, salvo poi ritornare l’anno successivo nelle sedi di origine potendo richiedere l’assegnazione in virtù dell’inizio del nuovo ciclo triennale.
Il problema, almeno per diversi comitati e le associazioni di categorie, rappresenta una vera “emergenza sociale”, sfociata in una protesta che ha registrato martedì 13 giugno dei sit-in davanti le sedi Rai delle regioni del centro-sud.
I comitati fanno quindi fronte comune per contrastare quella che giudicano un’ulteriore disparità di trattamento tra gli immessi a ruolo.
Mercoledì 14 giugno, nel tardo pomeriggio, i rappresentati di alcuni movimenti si sono incontrati Roma per spiegare la ragioni della protesta e incontrare in via ufficiosa le organizzazioni sindacali che sono in fase di contrattazione con il Miur. Se i dirigenti del Miur sembrano irremovibili, alcune rassicurazioni arrivano da parte dei sindacati: sembrerebbe, ma il condizionale è d’obbligo, che il Ministero possa rivedere qualcosa nei criteri per l’assegnazione provvisoria. La quale potrebbe essere concessa a quei docenti con figli fino ai 12 anni (nella bozza attuale presentata dal Miur ai sindacati il limite è sceso infatti da 18 a 6 anni).
Le indiscrezioni non tranquillizzano, però, gli insegnanti interessati, perché vedono leso il diritto alla continuità didattica sia per loro che per gli studenti, soprattutto nel campo del sostegno.
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“Migliaia di insegnanti di sostegno, assunti con la legge 107, saranno costretti a spostarsi al Nord perché il governo non intende trasformare in organico di diritto i circa 30.000 posti ‘in deroga’ che esistono al Sud, frutto anche dei ricorsi vinti dalle famiglie con figli disabili per ottenere l’assistenza che spetta loro di diritto”, ha spiegato Leonardo Alagna, dell’Osservatorio Diritti Scuola nella conferenza stampa del 14 giugno ospitata al Senato dall’onorevole Fabrizio Bocchino (Sinistra Italiana).
Alla conferenza erano presenti anche componenti degli altri comitati, creando per la prima volta un fronte comune e compatto: Francesca Carusi di Nastrini Liberi, Francesca Marsico di Nastrini Rossi Puglia, Francesca Pandolfi del Gruppo Fase C Roma, Nelly Fronterrè del Comitato 8000 Fase B (nella foto).
Tutti invocano l’intervento delle istituzioni locali e delle Regioni. Anche se sono già stati aperti tavoli di discussione, oltre ovviamente al coinvolgimento dei sindacati territoriali per dirimere quella che rischia di diventare una nuova “questione meridionale”.
“Possiamo dimostrare dati alla mano, che i posti al Sud ci sono e che ci sono soluzioni a costo zero che rispettano la vita delle persone sia al Nord che al Sud”, ha dichiarato ancora Alagna prima di lanciare una proposta.
“Bisognerebbe dare una nomina giuridica ai docenti precari in modo che tutti possano entrare in una graduatoria su base provinciale, dove varrebbero gli stessi criteri della vecchia graduatoria ad esaurimento. Questo potremmo consideralo come un ‘anno zero’ da cui ripartire l’anno successivo con un censimento per capire qual è l’organico che rimarrebbe fuori e solo allora fare un concorso per mandare liberamente gli insegnanti che lo vogliono al nord”. E la proposta, sembra, potrebbe essere stata già raccolta da alcune forze politiche.
“Auspico che si trovi una soluzione quanto più largamente condivisa per le distorsioni generate dal processo di assunzione della Legge 107 – ha detto il senatore Bocchino -, serve una soluzione che non faccia disparità tra i danneggiati dal provvedimento e che garantisca il ritorno alle precedenti regole. Per le quali, anzianità di servizio e titoli erano considerati un aspetto fondamentale nelle procedure di assunzione e mobilità”.
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