Dopo l’interessante articolo firma Reginaldo Palermo sulle responsabilità dei docenti in caso di autogestioni, è nata tra docenti e dirigenti scolastici un serio confronto sulla problematica della sorveglianza durante le assemblee studentesche. La nostra testata più volte ha argomentato normativamente la questione della vigilanza degli studenti da parte dei docenti durante le assemblee studentesche. Riceviamo e pubblichiamo con piacere un lungo articolo normativo fatto dalla Prof.ssa Antonella Mongiardo docente di matematica in provincia di Catanzaro e avendo superato il concorso per DS, anche futura Dirigente scolastica.
Nella vita scolastica c’è un aspetto che andrebbe chiarito e affrontato meglio dalle scuole, perché può essere fonte di seri grattacapi per presidi e docenti: la vigilanza durante l’assemblea di Istituto.
Come prevede il Testo Unico sull’Istruzione (Dlgs. 297/94), gli studenti delle scuole secondarie superiori (e i genitori delle scuole di ogni ordine e grado) hanno il diritto di riunirsi nei locali della scuola per discutere su tematiche culturali, sociali o scolastiche. L’assemblea di istituto può essere per gli studenti un formativo momento di partecipazione democratica, ma per le scuole può rappresentare un problema, dal punto di vista della responsabilità di vigilanza. Un aspetto che, a mio parere, i presidi delle scuole superiori dovrebbero affrontare in modo adeguato, senza però incorrere in comportamenti antisindacali.
Sulle assemblee studentesche insorgono spesso polemiche tra insegnanti e dirigenti scolastici, i quali spesso e volentieri impongono ai docenti di vigilare sui propri alunni durante l’assemblea, dando per scontato che tale attività di vigilanza rientri nei loro obblighi di servizio. Ma le cose stanno realmente in questi termini? Sulle assemblee di istituto, nascono spesso dei dubbi : l’assemblea di istituto è da considerarsi attività didattica? I docenti sono tenuti a restare a scuola e a vigilare? Se un alunno si fa male durante un’assemblea di istituto, su chi ricade la responsabilità in vigilando?
A queste domande molti dirigenti scolastici rispondono che “l’assemblea di istituto è da considerarsi normale attività didattica e che, pertanto, i docenti in servizio hanno l’obbligo di restare a scuola e vigilare sui propri allievi, ai sensi dell’art 2048 del Codice Civile”.
Tuttavia, questa interpretazione non convince i docenti, che spesso e volentieri disattendono l’ordine di servizio del DS, andando incontro a provvedimenti disciplinari e a controversie legali con l’amministrazione scolastica.
Così come ci sono pronunciamenti di tribunali che danno ragione ai docenti. Come una sentenza del Giudice del Tribunale di Cagliari sulle assemblee studentesche (mai impugnata dal Ministero) che dichiara l’obbligo dei docenti della prima ora di fare l’appello e la non obbligatorietà in capo ai docenti di assicurare la vigilanza, della quale il solo responsabile è il dirigente scolastico.
A questa sentenza ne è seguita un’altra del giudice del Tribunale di Avezzano, che ha annullato la sanzione comminata ad alcuni docenti per assenza nel giorno dell’assemblea studentesca e che ribadisce quanto statuito dal giudice del Tribunale di Cagliari.
Inoltre, una successiva sentenza del Tribunale di Avezzano (n. 431/2011) ha annullato i decreti con cui una dirigente scolastica aveva riconosciuto come ingiustificate le assenze dei docenti nel giorno dell’assemblea studentesca.
Si verificano non di rado situazioni di oggettiva difficoltà per i docenti “chiamati” a vigilare durante l’assemblea di istituto, specialmente quando gli alunni vengono lasciati liberi di circolare liberamente nei locali della scuola. Il problema si complica notevolmente se il docente, durante l’assemblea di istituto, deve sostituire un collega assente in una classe che nemmeno conosce. Si può presentare, infatti, una situazione paradossale, del seguente tipo. Nel giorno x, c’è l’assemblea di istituto, ad esempio, dalle 9 in poi. Il docente Mario Rossi, dalle ore 11 alle 12 deve fare una supplenza nella classe IIIB che non conosce, per cui nella moltitudine dei ragazzi sparpagliati nella scuola non può identificare gli alunni su cui deve vigilare dalle 11 alle 12. Alle 11,30, uno dei ragazzi della III B si fa male, ad esempio bisticciando con un compagno. La responsabilità su chi ricade?
A questa domanda, gli interessati rispondono in modo contrastante, come se su questo punto la normativa fosse ambigua e la soluzione lasciata alla libera interpretazione. Ma, ovviamente, non può essere così. Ecco perché il Ministero dovrebbe, sulle assemblee studentesche, chiarimenti più aggiornati rispetto alle note ministeriali degli anni 70-90. Proviamo a vederci chiaro, ricomponendo il quadro di norme e sentenze riguardanti le assemblee di istituto.
Le norme sopracitate non prevedono alcun obbligo di presenza dei docenti alle assemblee di istituto.
Leggiamo, poi, le seguenti note ministeriali
Nota 3 maggio 1979, n. 565:
“Il Preside e i docenti che lo desiderino possono (e non devono) assistere alle assemblee studentesche. E’ evidente, quindi, che la legge, non avendo previsto un obbligo specifico di partecipazione per il preside e per i docenti ha voluto che tale attività assembleare fosse autogestita dagli studenti. Per tale motivo questo Ministero, tra l’altro, ha più volte ribadito che il preside e i docenti non hanno il diritto di partecipare attivamente alle assemblee studentesche e di prendere la parola durante il loro svolgimento, ma solo di assistervi”
“Ai docenti, di conseguenza, anche se assistono all’assemblea, non può essere assegnata alcuna forma di vigilanza, né addossata alcuna responsabilità per “culpa in vigilando”. ”
Nota 18 luglio 1979, n. 2317:
“Si ribadisce che è facoltativa la presenza dei docenti alle assemblee studentesche”
Prot. n. 3856
Oggetto: Assemblee studentesche nella scuola secondaria superiore ed artistica
Introduzione
Continuano a pervenire, da parte dei Provveditorati agli studi e da singole scuole, quesiti relativi alle modalità di attuazione del diritto di assemblea riconosciuto agli studenti della scuola secondaria superiore ed artistica dal D.P.R. 31 maggio 1974, n. 416.
La materia, come è noto, potrà formare oggetto di approfondito esame nel corso della conferenza nazionale dalla quale scaturiranno le eventuali modificazioni all’attuale ordinamento legislativo degli organi collegiali. Per intanto, non vi è motivo perché le vigenti norme non siano pienamente osservate.
Allo scopo, quindi, di dare risposta, con un unico atto, ai vari quesiti e di realizzare la necessaria unità di indirizzo nella materia in perfetta armonia e coerenza con l’attuale legislazione, si forniscono i chiarimenti che seguono.
I.- Diritto di assemblea
E’ regolato dall’art. 42 del D.P.R. n. 416/1974. La norma afferma il diritto degli studenti di riunirsi in assemblea, diritto il cui esercizio non è rimesso a facoltà discrezionale del preside o di altri organi. L’esercizio di tale diritto è tuttavia vincolato all’osservanza delle modalità stabilite dagli artt. 43 e 44 dello stesso decreto.
II.- Oggetto del dibattito nell’assemblea di istituto
L’assemblea studentesca di istituto può riferirsi sia all’approfondimento dei problemi della scuola sia all’approfondimento dei problemi della società (art. 43 del D.P.R. n. 416/1974).
Tale approfondimento, però, deve svolgersi, come dice testualmente la norma “in funzione della formazione culturale e civile degli studenti” e non per altre finalità.
Altro limite all’oggetto del dibattito è rappresentato dal rispetto delle disposizioni dell’ordinamento penale, con la conseguente esclusione di ogni argomento che possa costituire configurazione di reato.
III.- Convocazione – ordine del giorno e data dell’assemblea di istituto – preavviso alle famiglie
L’assemblea di istituto è convocata su richiesta della maggioranza del comitato studentesco – espressione, quest’ultimo, dei rappresentanti degli studenti nei consigli di classe (art. 43) – o del 10% degli studenti (art. 44): il preside è tenuto a verificare che la richiesta di convocazione presenti i requisiti di legittimità prescritti dalla Legge, cioè che sia sottoscritta dalla maggioranza (la metà più uno) del comitato studentesco previsto dall’art. 43 o da almeno il 10% degli studenti. Si chiariscono che nei casi in cui non esista il comitato studentesco la richiesta deve pervenire soltanto da almeno il 10% degli studenti, mentre, nell’ipotesi in cui sia stato costituito il comitato studentesco, la richiesta può essere fatta sia dalla maggioranza del comitato stesso sia da almeno il 10% degli studenti.
La raccolta di firma per la convocazione dell’assemblea deve rispettare la libertà di decisione dei singoli studenti.
L’ordine del giorno e la data dell’assemblea devono essere preventivamente presentati al preside.
La preventiva comunicazione al preside della data dell’assemblea risponde all’esigenza di coordinamento tra tutte le attività che si svolgono nella scuola, coordinamento che spetta al preside (art. 3 del D.P.R. 31 maggio 1974, n. 417). Pertanto, in presenza di circostanze obiettive (es.: uso dei locali scolastici, in cui dovrebbe svolgersi l’assemblea studentesca, per la stessa data, da parte di altri organismi) sarà concordata una diversa data dell’assemblea studentesca.
La convocazione dell’assemblea deve essere disposta con congruo anticipo rispetto alla data della sua effettuazione, per evidenti ragioni organizzative sia della scuola sia degli studenti.
Il preside, dopo aver provveduto, in rapporto all’ordine del giorno dell’assemblea, alle verifiche circa la rispondenza dello stesso alle finalità previste dalla Legge, provvede ad apporre in calce al documento ricevuto, contenente il predetto ordine del giorno, la dicitura “visto il preside” seguita dalla propria firma autografa e dalla data di apposizione del visto e trattiene agli atti copia del documento. Il documento stesso, munito del visto del Preside a certificazione della legittimità della convocazione dell’assemblea e del relativo ordine del giorno, è affisso, a cura del preside stesso, all’albo della scuola.
Il Preside preavviserà le famiglie degli studenti della data e dei locali in cui si terrà l’assemblea.
IV.- Numero delle assemblee di istituto
L’art. 43 del D.P.R. n. 416/1974 è sufficientemente chiaro in materia e non può pertanto essere interpretato diversamente da ciò che stabilisce.
L’assemblea di istituto nei locali scolastici può avere luogo quando si svolge durante le ore di lezione – una volta al mese, nel limite delle ore di lezione di una giornata.
Ne consegue:
E’ inoltre consentita un’altra assemblea mensile di istituto, nei locali scolastici, ma fuori dell’orario delle lezioni: la realizzazione di tale assemblea è subordinata alla disponibilità dei locali.
La durata dell’assemblea va concordata con il preside in rapporto alle ore di disponibilità dei locali.
Non può essere tenuta alcuna assemblea nel mese conclusivo delle lezioni, cioè nei 30 giorni precedenti a quello previsto per la conclusione delle lezioni individuato dalla annuale circolare sul calendario scolastico.
V.- Partecipazione di esperti alle assemblee di istituto
L’art. 43 del D.P.R. n. 416/1974 consente che alle assemblee di istituto svolte durante l’orario delle lezioni partecipino, su richiesta, esperti di problemi sociali, culturali, artistici e scientifici sempre, come detta lo stesso articolo, per l’approfondimento dei problemi della scuola e della società in funzione culturale e civile degli studenti.
I nominativi degli esperti devono essere indicati unitamente agli argomenti da inserire nell’ordine del giorno, cioè preventivamente; ciò comporta:
La partecipazione degli esperti deve essere autorizzata dal consiglio di istituto: sarà cura del preside richiedere tempestivamente la convocazione del consiglio. Il consiglio di istituto potrà negare l’autorizzazione soltanto con deliberazione motivata, essendo ovvio che i promotori dell’assemblea debbono conoscere le motivazioni del diniego. Non possono essere tenute, con la partecipazione di esperti, più di 4 assemblee all’anno (art. 43, comma 5).
VI.- Svolgimento dell’assemblea di istituto
1) Regolamento dell’assemblea
L’art. 44 stabilisce che l’assemblea di istituto deve darsi un regolamento per il proprio funzionamento: la formulazione della Legge porta a considerare come obbligatoria da parte dell’assemblea, l’approvazione del proprio regolamento: per esigenze funzionali, appare necessario che il regolamento sia approvato nella prima assemblea dell’anno. Il regolamento può successivamente essere modificato; o confermato, o sostituito con altro regolamento.
Il regolamento deve essere inviato in visione al consiglio di istituto: tale formalità – che costituisce adempimento obbligatorio – non implica però che l’efficacia del regolamento sia subordinata ad approvazione e convalida del regolamento stesso da parte del consiglio di istituto. Il consiglio, tuttavia, ha ovviamente facoltà di esprimere le proprie eventuali richieste di modificazione o di integrazione.
L’ordinato svolgimento dell’assemblea deve essere assicurato dal comitato studentesco (se costituito) o dal presidente eletto dall’assemblea stessa: sul piano pratico, in caso di esistenza del comitato, spetta comunque all’assemblea decidere se i lavori dell’assemblea stessa debbono essere regolati dal comitato o da un presidente eletto.
Infine, è da notare che è lasciato alla libera scelta dell’assemblea decidere se il presidente di quest’ultima debba essere eletto di volta in volta o resti in carica per un periodo più prolungato.
2) Presenza all’assemblea di istituto del preside e degli insegnanti.
L’art. 43 – ultimo comma – del D.P.R. 416 stabilisce che all’assemblea di istituto (o di classe) possono assistere il preside, o un suo delegato, e gli insegnanti che lo desiderino.
Si ritiene opportuno precisare che né il regolamento interno dell’istituto né alcuna deliberazione del consiglio di istituto possono limitare il diritto del preside e degli insegnanti di assistere all’assemblea: né tale divieto può essere posto dal regolamento dell’assemblea studentesca.
VII.- Responsabilità e poteri di intervento del preside
Il preside ha potere di intervento nei casi di violazione del regolamento o di constatata impossibilità di ordinato svolgimento dell’assemblea (art. 44 ultimo comma D.P.R. 416).
Qualora l’assemblea non abbia provveduto a darsi il prescritto regolamento, l’intervento del preside è da ritenersi esercitabile egualmente, sia nella fase che precede la convocazione dell’assemblea sia durante lo svolgimento della stessa, nell’eventualità in cui non siano stati rispettati i diritti fondamentali degli studenti (es.: raccolta di firma che non abbia rispettato la libertà di decisione dei singoli studenti).
L’intervento del preside nella fase di svolgimento dell’assemblea è da riferirsi alla constatata impossibilità di ordinato svolgimento di quest’ultima, oltre che all’eventualità di impedimento dell’esercizio democratico dei diritti dei partecipanti (che dovrebbe essere assicurato dal regolamento dell’assemblea e che, pertanto, va garantito anche in mancanza di tale regolamento). L’intervento del preside durante lo svolgimento dell’assemblea deve tuttavia essere attuato soltanto quando i normali organi preposti all’ordinato svolgimento dell’assemblea (presidente, o comitato studentesco) non siano manifestatamente in grado di provvedere in proposito.
In merito al potere di intervento del preside durante lo svolgimento dell’assemblea, si fa presente, non sussistendo obbligo per il preside di essere presente all’assemblea che il preside stesso è tenuto ad intervenire quando, in qualsiasi modo, venga a conoscenza che ricorrano gli estremi previsti dalla Legge per un suo intervento.
Come si è già chiarito precedentemente (v. paragrafo III) le finalità dell’assemblea sono stabilite dalla Legge (art. 43, comma 1, D.P.R. 416). Il preside, ricevuto l’ordine del giorno dell’assemblea, verificherà che esso risponda alle finalità previste dalla Legge; inoltre verificherà che sussistano i requisiti di legittimità della richiesta di convocazione, come da paragrafo III della presente circolare.
VIII.- Articolazione dell’assemblea di istituto in assemblee di classi parallele
L’art. 43 del D.P.R. 416 prevede che, in relazione al numero degli alunni e alla disponibilità dei locali, l’assemblea di istituto possa articolarsi in assemblea di classi parallele.
La richiesta di articolare l’assemblea di istituto in assemblea di classi parallele deve essere presentata contestualmente alla presentazione, al preside, dell’ordine del giorno e della data dell’assemblea: l’articolazione dell’assemblea in classi parallele, infatti, non è un tipo diverso di assemblea che si aggiunga a quella di istituto, ma è una diversa forma di svolgimento di quest’ultima con la conseguente applicabilità delle stesse norme di Legge che si riferiscono all’assemblea di istituto e che vengono chiarite con la presente circolare.
“Si comunica che, come stabilito nell’ultimo comma del par. XI della C.M. n.312/1979, allorché le assemblee studentesche si svolgano al di fuori dei locali scolastici, i docenti non hanno l’obbligo di accompagnare gli alunni in tali locali. Ciò perché le assemblee studentesche interrompono la normale attività didattica”
“Le norme su citate, che sanciscono e disciplinano il diritto di assemblea, però non stabiliscono che la partecipazione alle predette assemblee è obbligatoria. Gli studenti che non vogliono parteciparvi, pertanto non devono recarsi a scuola allorché l’assemblea mensile d’Istituto sia stata, ad esempio, convocata per l’intera durata delle ore di lezione della giornata, dal momento che l’assemblea, regolarmente convocata, interrompe in ogni caso la normale attività didattica. Parimenti gli studenti che non vogliono prendere parte all’assemblea devono uscire in anticipo, rispetto al normale orario, allorché l’assemblea sia stata indetta nelle ore terminali delle lezioni. ”
“In occasione delle assemblee studentesche tenute durante lo svolgimento delle lezioni, gli insegnanti, privi di impegni deliberati dal collegio dei docenti nell’ambito delle attività non di insegnamento, possono non recarsi a scuola in quanto ogni attività didattica è sospesa”.
Dunque, riepilogando:
Le assemblee studentesche interrompono la normale attività didattica.
Se non c’è attività didattica, i docenti non hanno l’obbligo di restare a scuola se non sono state programmate attività collegiali
Gli insegnanti, essendo privi di impegni deliberati dal collegio dei docenti nell’ambito delle attività non di insegnamento, possono non recarsi a scuola. E gli studenti che non vogliono parteciparvi non devono recarsi a scuola allorché l’assemblea mensile d’Istituto sia stata, ad esempio, convocata per l’intera durata delle ore di lezione della giornata, dal momento che l’assemblea, regolarmente convocata, interrompe in ogni caso la normale attività didattica. L’ordinato svolgimento dell’assemblea deve essere assicurato dal comitato studentesco (se costituito) o dal presidente eletto dall’assemblea stessa. Il preside non ha l’obbligo di essere presente all’assemblea, ma è tenuto ad intervenire quando, in qualsiasi modo, venga a conoscenza che ricorrano gli estremi previsti dalla Legge per un suo intervento.
Da questo quadro di norme, circolari e note ministeriali emerge che l’assemblea di istituto è uno spazio autogestito dagli studenti, in cui la responsabilità è in capo al dirigente scolastico, che deve garantire la vigilanza. Ma da nessuna parte, risulta che debbano essere i docenti a vigilare.
Ma, a mio parere, la situazione è molto delicata e i dirigenti scolastici dovrebbero affrontarla nei giusti termini (anche per tutelare se stessi) e non limitarsi ad emettere ordini di servizio “discutibili” sul piano della legittimità, sperando che vada tutto bene.
Un contributo al dibattito lo abbiamo chiesto al sindacalista Lucio Ficara, il quale ha già affrontato in passato questa tematica per la Tecnica della Scuola.
L’assemblea di istituto è attività didattica?
“Ho fatto uno studio approfondito sulle assemblee di istituto, regolate da leggi dello stato che non sono mai state abrogate, prendendo anche in considerazione il Testo unico sulla sicurezza e l’art. 2048 del Codice Civile e non ho trovato conflitto con le vecchie norme. L’assemblea studentesca è stata introdotta dal Dpr 416/ 74 e disciplinata dal Dlgs. 297/94, che all’art 13. C. 8 recita: “All’assemblea di classe o di istituto possono assistere, oltre al preside od un suo delegato, i docenti che lo desiderino”.
E’ vero che il docente ha l’obbligo della vigilanza per gli alunni che gli sono affidati nel tempo in cui sono chiamati a vigilare, cioè durante l’attività didattica. Ma quando si interrompe l’attività didattica, perché in quella giornata è stata prevista un’assemblea di istituto, viene meno l’obbligo di vigilanza, perché appunto viene interrotta l’attività. Se un alunno si fa male durante un’assemblea di istituto, su chi ricade la responsabilità?
Sul dirigente, perché non ha saputo organizzare il servizio. Ma non sul docente, il quale è chiamato a rispondere solo in due situazioni: l’attività di insegnamento (per cui finché c’è insegnamento e didattica ha l’onere di vigilare sugli allievi a loro affidati) e le attività funzionali all’insegnamento (lì non si pone la questione della vigilanza, ma deve rispondere della sua attività, sia individuale che di carattere collegiale). Durante l’assemblea di istituto si crea questo “buco” nell’attività didattica, che non solleva, attenzione, la scuola dalla responsabilità della vigilanza. Solo che il Ds non può obbligare il docente a fare un servizio che non gli spetta contrattualmente. E legislativamente, perché teniamo conto che con la legge Madia i contratti hanno valore di legge. Tra l’altro non dimentichiamo che il Contratto è firmato da sindacati ma anche dall’amministrazione (rappresentata dall’Aran).
Come si fa, dunque, a vigilare sui ragazzi in assemblea di istituto?
Ritengo che il ds dovrebbe ovviare in altro modo. Se fossi dirigente, utilizzerei incentivi, chiedere la disponibilità ad una vigilanza a chi sta nel mio staff dirigenziale, mi impegnerei io direttamente a vigilare per far funzionare l’assemblea di istituto. Ma la cosa odiosa è quando il dirigente vuole prevaricare le norme imponendo al docente la vigilanza quando non gli spetta. Questo è illegittimo, tant’è che ci sono sentenze che lo dimostrano. Quando il dirigente ha sanzionato i docenti che si sono allontanati dall’istituto durante l’assemblea di istituto, quella sanzione è stata annullata e il dirigente è stato condannato alle spese. Certo, qualora il docente decida di presenziare all’assemblea di istituto, si assume anche la responsabilità della vigilanza. Ma se il docente non presenzia, e la legge glielo consente, non avendo l’obbligo della presenza, non ha nemmeno l’obbligo della vigilanza. Non dimentichiamo, infine, che i collaboratori scolastici sono obbligati alla vigilanza fuori dalle aule e dunque anche la vigilanza durante l’assemblea di istituto rientra tra le loro mansioni.
Secondo il Dlgs, 297/94, il preside ha il potere di intervenire se l’assemblea si svolge in modo irregolare. E se il Ds sospende l’assemblea, ma i docenti sono a casa, che si fa?
Il docente deve restare a disposizione di una eventuale ripresa del servizio. Dunque, può allontanarsi dal luogo di lavoro, ma deve restare reperibile in modo tale da poter rientrare a scuola in tempi brevissimi, per riprendere il servizio. Su questo non ci sono dubbi. In alternativa, se il Ds vuol mantenere i docenti in servizio anche durante la sospensione didattica dovuta all’assemblea di istituto, può prevedere delle attività collegiali, come ad esempio, riunioni di dipartimento, da far rientrare nelle 40 ore. Bisogna aggiungere anche che deve essere redatto un regolamento per le assemblee, per disciplinare il funzionamento dell’assemblea e il comportamento degli studenti in assemblea, comprendendo la possibilità di sospensione dell’assemblea da parte del DS. Cioè, cosa fa il dirigente scolastico nel momento in cui si verificano situazioni anomale in assemblea di istituto? Fa riprendere il servizio o manda a casa gli studenti? Quindi, in base a quanto viene poi stabilito nel Regolamento di istituto in caso sospensione, il docente si regola di conseguenza”.
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