Anche se i giorni di malattia annuali dei dipendenti pubblici si riducono, la Funzione Pubblica non torna indietro: è in arrivo il decreto contro i ”furbetti’ del week end.
Perché vero che rispetto al 2014, l’anno successivo le assenze per malattia si sono assottigliati, ma ci sono comunque diversi “casi” che meritano di essere stroncati. Come quello di un docente di Padova, che a forza di certificati e motivazioni varie si sarebbe assentato dal lavoro per un anno consecutivo.
A palazzo Vidoni, con il Governo che si è detto d’accordo, sono convinti che occorre una stretta per ostacolare quei troppi dipendenti pubblici che fanno assenze strategiche.
Il dispositivo, il decreto sul pubblico impiego, dovrebbe essere pronto entro un mese, per la fine di febbraio.
Se non cambia il testo, il pugno sarà davvero duro, perché sono previsti licenziamenti più rapidi per chi effettua abusi.
Si cerca di “stanare” chi fruisce, con una serie di stratagemmi, dei giorni di assenza a ridosso del weekend o per casi di esodi dall’ufficio (tutti assenti lo stesso giorno, come è capitato a Roma con i dipendenti Atac l’ultimo giorno del 2014).
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La stessa intesa del 30 novembre scorso tra sindacati e governo, nella persona del ministro Marianna Madia, dovranno “contrastare fenomeni anomali di assenteismo”.
Gli stessi premi ai lavoratori virtuosi prevedono maggiori compensi a chi garantisce nel tempo maggiori presenze.
Niente sconti, invece, per chi ruba o si macchia di peculato o corruzione: tutti i casi accertati in flagranza faranno scattare la fine del rapporto di lavoro.
“L’articolo 18 per gli statali – scrive l’Ansa – resterà salvo ma, e anche questo è già stato anticipato nei mesi scorsi, i cavilli giuridici, i vizi di forma, non potranno cancellare il licenziamento, rendendo di fatto più difficile la reintegra. Sarebbe confermata anche la riduzione dei termini per i procedimenti disciplinari ordinari (da 120 a 90 giorni). Si va quindi verso una revisione generale dei licenziamenti, come massima punizione prevista già oggi dalla legge Brunetta per una serie di condotte, dal rifiuto del trasferimento allo scarso rendimento”.
Guardando più da vicino i dati, comparto per comparto e focalizzando l’attenzione sulle assenze per malattia, emerge come spesso le donne si assentino di più: ad esempio, nella scuola le giornate saltate sono state, in media, 7,5 per gli uomini e 9,7 per le donne, nei ministeri 9,9 per i lavoratori e 11,7 per le lavoratrici, nella sanità 8,6 per i dipendenti e 11,6 per le dipendenti. Naturalmente le differenze tra i settori risentono anche degli orari di lavoro, dei turni e dell’età media, che, come noto, nelle amministrazioni pubbliche si stano alzando progressivamente. Un dato, quest’ultimo, che alla lunga sulle malattie potrebbe influire. E non in positivo
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