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Assistenti all’autonomia e comunicazione: per loro niente ritorno in sicurezza

L’anno scolastico è alle porte, ma la campanella non avrà lo stesso suono per tutti. Ecco il gran vociare mediatico sulla scuola quanto mai prima attenzionata in tal modo ed il susseguirsi di linee guida ministeriali e direttive sanitarie. Si parla di possibili scenari, di alunni fragili, immunodepressi, di docenti a rischio. Insieme ai tanti chiacchieri banchi della Ministra Azzolina, la discussione si focalizza sui nuovi spazi, orari delle lezioni, classi dimezzate con didattica in presenza o a distanza. 

Si parla di tutto e di tutti ma, come sempre, non di noi. Noi che a scuola interveniamo in prima linea, proprio lì, a fianco degli studenti più fragili a garantirne l’inclusione scolastica.

Noi, assistenti per l’autonomia e la comunicazione o come si voglia chiamarci: vi è una tale eterogeneità nella definizione del servizio, dalla destinazione di spesa agli inquadramenti contrattuali, che anche tra colleghi abbiamo difficoltà a riconoscerci come un’unica categoria professionale! 

In Italia raggiungiamo quota 55.000 lavoratori che pagano il prezzo di ben 28 anni di esternalizzazione di un servizio che, a favore di logiche meramente economiche a discapito di utenti e lavoratori, ancora oggi il MIUR si rifiuta di assorbire, come è giusto che sia

È la legge 104/92 a stabilire l’indispensabilità della nostra funzione, tuttavia, per il reiterarsi dell’assenza di un recepimento legislativo uniformante sul territorio nazionale, il servizio viene abbandonato alla disparata e cattiva gestione dei singoli enti locali che lo calibrano in base al loro bilancio e lo appaltano a cooperative sociali, troppo spesso al ribasso, generando disservizio e scarsa qualità. 

Ogni anno il dubbio: quante ore ci saranno assegnate? Percepiremo uno stipendio mensile adeguato, dato che le ore spariscono in casi come l’assenza dell’alunno, chiusura per festività, per vacanze estive, ponti, elezioni, chiusura, emergenze?  E nel caso di una quarantena di classe?  Assidui vuoti salariali la cui causa non è da imputare al lavoratore che patisce tali evenienze. 

Eppure questo lavoro richiede competenze, peculiarità e skills elevate. Creiamo e operiamo con le relazioni, coi contesti, costruiamo ponti comunicativi necessari per gli studenti più delicati.

Le nostre richieste passano sempre sotto silenzio e spesso è il silenzio quello che scegliamo perché la paura di perdere anche quel poco che si ha è più forte della rivendicazione dei propri diritti: cattive dinamiche che cristallizzano e peggiorano la nostra situazione. 

La nostra trasparenza rende dubbie le posizioni e i dispositivi che dovremo adottare nei casi concreti e possibili. Avremmo dovuto comparire anche noi in mezzo ai fiumi di parole versate sulla scuola, così da poter discutere seriamente di tutti, troppi, aspetti in sospeso e non solo rispetto all’emergenza sanitaria, quelli che riguardano la nostra grave condizione. 

Anche alla luce delle gravissime condizioni salariali subite in lock down, il CoNAS chiede il riconoscimento di una dignità sociale, professionale ed economica. Dignità demolite da 28 anni che mettono a repentaglio la «tutela la salute» degli operatori e quella dei loro studenti, oggi più che mai esibita come «fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività» (art.32 Cost). 

Il CoNAS sollecita perché venga esaminato in Parlamento il disegno di legge che propone l’internalizzazione al Miur di questa figura e si aspetta una concreta collaborazione di tutte le parti interessate. 

Accendere i riflettori su questa condizione di “precarietà stabilizzata” sarebbe un atto dovuto per 55.000 lavoratori e per i bambini e i ragazzi con disabilità che affiancano! È evidente infatti che “diritto allo studio” e “sicurezza”, tanto millantati ultimamente, svuotati dai principi di “inclusione” e “pari diritti” perdono il loro più nobile fondamento. 

CoNAS (Coordinamento Nazionale Assistenti Scolastici)

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