Due anni fa, un gruppo di docenti di diverse discipline, appartenenti tutti gli ordini di scuola e provenienti da quasi tutte le aree del nostro Paese, si è ritrovato per riflettere assieme a esperti dell’età evolutiva sul sistema scuola e sulle sue problematiche, sui fattori che lo hanno destrutturato, svuotandolo progressivamente della capacità di istruire e di educare. Alla luce della nostra legge fondamentale, la Costituzione Italiana, e consapevoli della differenze di pensiero, di cultura e di vissuto che attraversano la classe docente, nascono così il gruppo “La nostra scuola” – che ha redatto appunto il “Manifesto per la nuova Scuola” – e, più di recente, l’associazione culturale “Agorà 33 – La nostra Scuola” (https://nostrascuola.blog/2021/03/20/manifesto-per-la-nuova-scuola/).
Autorevoli intellettuali, genitori, studenti, docenti universitari, dirigenti, insieme ad alcune delle principali sigle sindacali della scuola hanno sottoscritto il nostro manifesto che a oggi ha raccolto più di 20.000 firme.
Lo stesso riscontro ottenuto dal Manifesto (firmato, tra moltissimi altri, da Alessandro Barbero, Luciano Canfora, Chiara Frugoni, Carlo Ginzburg, Francesco Guccini, Edoardo Lombardi Vallauri, Vito Mancuso, Dacia Maraini, Ana Millan Gasca, Tomaso Montanari, Filippomaria Pontani, Adriano Prosperi, Massimo Recalcati, Lucio Russo, Salvatore Settis, Gustavo Zagrebelsky) ha aperto un dibattito che ha coinvolto anche alcuni artefici delle nefaste “riforme” pseudo innovative che hanno sconvolto il sistema dell’istruzione del nostro Paese negli ultimi venticinque anni; il che ha generato dei confronti anche accesi sulle tematiche dell’attualità scolastica e sull’azione del governo.
In questo particolare periodo storico, dopo la caduta del governo Draghi e dopo l’approvazione forzata e probabilmente anticostituzionale del decreto 36 (ora purtroppo legge 79), in vista delle prossime elezioni, riteniamo necessario rivolgere le nostre considerazioni e richieste sia ai rappresentanti politici che hanno dimostrato nei fatti il loro dissenso rispetto all’aberrazione del DL 36, sia a quelli che l’hanno votato obtorto collo, sotto il ricatto della fiducia.
In un clima di generale sfiducia verso il ruolo del Parlamento, in una situazione di pluridecennale mancanza di rappresentanza politica delle istanze degli insegnanti, rivolgiamo agli aspiranti legislatori delle precise richieste, per una Scuola che garantisca finalmente alle nuove generazioni il godimento di un diritto, quello ad un’Istruzione di qualità, sancito dalla nostra Costituzione, in particolare dagli art. 1, 2, 3, 4, 9, 33, 34.
La scuola non serve per distribuire risorse del PNRR, né per creare centri di potere: la sua finalità è unicamente quella dell’emancipazione e della crescita umana e culturale dei futuri cittadini attraverso l’istruzione. Per raggiungere questa finalità, gli strumenti indispensabili sono l’insegnamento, la condivisione delle conoscenze, il lavoro comune sui contenuti culturali, la relazione educativa.
Queste le nostre richieste prioritarie:
1) Revisione urgente delle norme per la costituzione delle classi (limite di 20 alunni per classe), con particolare attenzione ad una reale riduzione della numerosità delle classi in presenza di alunni con disabilità. Una didattica di qualità infatti può esistere solo attraverso la possibilità di dedicare più tempo a ogni singolo alunno;
2) Abolizione immediata della “Scuola di Alta Formazione” (prima che sopravvengano costi di creazione/gestione), che sostituisce un vero aggiornamento culturale dei docenti con una para-formazione burocratizzata, che crea a sua volta apparati burocratici ben remunerati e che è stata introdotta contro il parere motivato di chi nella scuola lavora, dei sindacati di categoria, delle stesse commissioni parlamentari, attraverso la forzatura del decreto legge e del voto di fiducia;
3) Definizione chiara delle funzioni, dei limiti e dei costi dell’INVALSI (cfr. rapporto Corte dei Conti sulla gestione dell’ente), con la prospettiva della sua abolizione e del ripristino di forme di valutazione più attinenti al reale lavoro scolastico; analoga revisione del ruolo e delle funzioni dell’INDIRE, che come ente di ricerca non può assumere il monopolio delle metodologie didattiche – in violazione del principio costituzionale della libertà di insegnamento – imponendo alcune di queste metodologie, considerate di per sé “innovative”, ad esempio attraverso l’anno di prova dei docenti neo-assunti;
4) Abolizione dei PCTO (già “alternanza scuola-lavoro”) a favore di percorsi volontari di stage fuori dall’orario scolastico con parere decisivo dei consigli di classe;
5) Individuazione di modalità di reclutamento fondate su un’approfondita preparazione culturale e sostegno al libero aggiornamento dei docenti. Gli insegnanti non hanno bisogno di essere “addestrati” o “riaddestrati” a metodologie didattiche o a visioni totalitarie della pedagogia imposte dalla burocrazia ministeriale: hanno invece bisogno di individuare le priorità culturali ed educative verso cui indirizzare volta per volta un autentico aggiornamento delle proprie conoscenze, condizione indispensabile per realizzare appieno il principio costituzionale della libertà d’insegnamento. In questa prospettiva, è indispensabile l’estensione della carta del docente, per l’aggiornamento culturale e l’acquisto di strumenti didattici, almeno ai docenti non di ruolo con incarico annuale e al personale docente educativo;
6) Superamento di un apparato para-aziendalistico (docente “esperto”, dirigente manager, mobility manager, middle management e simili) del tutto incongruente rispetto alla natura e agli scopi dell’istruzione pubblica. Ripristino di autentiche forme di collegialità nella gestione della scuola;
7) Sospensione immediata di “sperimentazioni” profondamente dannose come quella della quadriennalizzazione delle scuole superiori, che sottrae agli studenti un anno di scuola (riproposta e potenziata dall’attuale ministero nonostante sia stata già bocciata dal Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione), e quella delle paradossali e inesistenti “competenze non cognitive“, attraverso le quali si punta in realtà a ridurre l’istruzione ad addestramento;
8) Potenziamento degli insegnamenti disciplinari di base, con l’aumento del numero delle ore curricolari;
9) Introduzione stabile della figura professionale dell’insegnante L2 (lingua italiana per i non madrelingua), in considerazione dell’aumento progressivo degli studenti stranieri nelle nostre scuole;
10) Reclutamento di psicoterapeuti qualificati per sportelli d’ascolto a disposizione ogni giorno di studenti, personale scolastico, famiglie, vista l’enorme crescita dei fenomeni di disagio giovanile e la necessità di sciogliere i nodi relazionali che possono crearsi all’interno del contesto scolastico;
11) Ripristino della commissione esterna agli esami di Stato, cui vanno restituite serietà e coerenza;
12) Trasformazione delle ore di educazione civica e ambientale in insegnamento disciplinare, affidato a insegnanti realmente qualificati;
13) Seri investimenti nell’edilizia scolastica, cominciando da quella che è in questo momento una priorità, la possibilità cioè di arieggiare e ventilare le classi;
14) Rafforzamento dell’orizzonte nazionale dell’istituzione scolastica, “organo costituzionale della democrazia, l’unico capace di trasformare i sudditi in cittadini” (Calamandrei) e non insieme di progettifici rivolti ad un’anonima utenza, contro qualunque ipotesi di “autonomia differenziata“. In prospettiva, abolizione della legge 107 e riflessione del legislatore sui profondi danni provocati dall’applicazione della cosiddetta “autonomia scolastica”. Dopo venticinque anni, è chiaro a chiunque si occupi di scuola che un ripensamento dell’impianto dell’ “autonomia” è assolutamente indispensabile;
15) Revisione degli stipendi del personale scolastico, che restituisca quanto perso nei molti anni di mancato rinnovo contrattuale, anche per ripristinare la credibilità sociale di una scuola che sia una priorità per il per il futuro delle nuove generazioni;
16) Elaborazione di un codice deontologico per tutti coloro che si occupano di scuola a livello dirigenziale, amministrativo, politico che, oltre all’esplicito divieto di trarre qualunque vantaggio personale dalla propria attività, imponga il rispetto nei confronti della professionalità dei docenti e la tutela della loro immagine pubblica, dopo un periodo in cui anche ai più alti livelli si sono sentite espressioni come “oppositori ideologici”, “addestrare”, “riaddestrare”. Sarebbe importante anche che le forze politiche prendessero l’impegno di scegliere come prossimo ministro dell’Istruzione, dopo le esperienze non esaltanti degli ultimi anni, una personalità di alto profilo culturale, che conosca a fondo la scuola e i suoi problemi.
Tra moltissimi altri, dopo un’attenta analisi, questi ci sembrano i temi più urgenti, per restituire alla scuola la sua funzione educativa, culturale, civile prevista dalla nostra Costituzione, dopo che scelte politiche di stampo neoliberista hanno tentato e tentano di sradicare e distruggere il sistema nazionale dell’Istruzione pubblica.
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