La sedicente “autonomia scolastica” che – a partire dalla “riforma” di Luigi Berlinguer – ha progressivamente frantumato l’unitarietà del nostro sistema di istruzione, è stata fondata su un equivoco (per non dire mistificazione) costruito ad arte: la primissima caratteristica di un organismo autonomo, la sola che lo rende veramente tale in un contesto comunque unitario e pubblico, è infatti l’elettività dei suoi vertici.
Cos’è accaduto invece nelle scuole? Quello che era il preside, garante dell’istituzione scolastica e delle sue finalità educative e culturali, non solo non viene eletto dal collegio dei docenti ma è diventato un “dirigente” pseudo-manager calato dall’alto (tra l’altro reclutato attraverso concorsi ad altissimo tasso di irregolarità, come quello del 2017), “formato” a un’ideologia verticistica e para-aziendalistica del tutto incongruente con la natura e le finalità dell’istruzione pubblica e sempre più lontano dalla figura dell’insegnante, propenso o costretto a farsi cinghia di trasmissione di imposizioni burocratiche del tutto estranee alle reali esigenze della scuola; funzionale, in ultima analisi, a un progetto di smantellamento della scuola pubblica e di asservimento ad interessi privati – come quelli legati all’accaparramento dei fondi del PNRR – analogo a quello in atto nella Sanità.
Per fermare questo progetto, sono priorità assolute il ripristino della funzione costituzionale della scuola – non costruire “portfoli” di “competenze” come un’agenzia di lavoro interinale di infimo livello ma dare un’istruzione di qualità a tutti i futuri cittadini, – e una gestione democratica e non privatistica delle istituzioni pubbliche, con la revoca di un’autonomia che frantuma il quadro nazionale della scuola pubblica; o, se si vuole un’autentica autonomia e un’autentica collegialità, con l’elezione dei presidi/coordinatori didattici scelti democraticamente dai collegi docenti.
Gruppo La nostra scuola
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