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Associazioni laiche sul crocifisso: Stato succube della Chiesa

Non ha tardato ad arrivare la risposta delle associazioni laiche alla decisione del Governo italiano di impugnare la sentenza del 3 novembre scorso con cui Corte europea dei Diritti dell’uomo di Strasburgo ha accolto il ricorso presentato dalla signora Lautsi, madre di due alunni italiani, contro la legislazione italiana che impone l’esposizione del crocifisso nelle scuole pubbliche.

Contro la presa di posizione dell’esecutivo italiano, il 2 febbraio un nutrito numero di associazioni, consulte e coordinamenti laici (ben 121) hanno inviato una lettera al Consiglio d’Europa, all’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa ed alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. L’obiettivo è far pervenire agli organi istituzionali ed ai giudici europei che operano nel territorio francese un messaggio chiaro: “individualmente ed a nome delle migliaia di membri delle nostre associazioni – si legge nella lettera inviata a Strasburgo – vogliamo ringraziare la Corte e scusarci per il comportamento insultante di alcuni membri del governo italiano dai quali sentiamo il dovere di dissociarci“.
Il primo firmatario è il coordinamento nazionale delle Consulte per la Laicità delle Istituzioni, lo stesso che nel 2007 era a capo di un gruppo di associazioni che hanno spinto alcuni studenti a presentare ricorso (accolto lo scorso luglio dal Tar del Lazio) per non far partecipare i docenti di religione cattolica “a pieno titolo” agli scrutini e per sganciare il loro insegnamento dalla determinazione del credito scolastico.
Anche per quanto riguarda la presenza del crocifisso, le associazioni laiche ritengono che la religione non può prevaricare i valori dei non credenti. In linea con quanto espresso dalla Corte nel novembre dello scorso anno. Il crocifisso è in aula viene considerato una “pratica che viola l’art. 9 della Convenzione europea per la protezione dei diritti umani e delle libertà fondamentali e l’art. 2 del primo protocollo addizionale. Il dibattito che ne è seguito in Italia – scrivono associazioni e consulte non religiose – è stato aggressivo e violento contro non-credenti, i non cattolici, i cattolici non allineati e, ultimo ma non per importanza, contro i giudici della Corte europea dei Diritti umani“.
Un comportamento derivante dal fatto che “il nostro Stato – continuano le 121 associazioni – soffre sempre più l’influenza politica delle gerarchie della chiesa cattolica. Benché il numero di quanti seguono le direttive delle gerarchie sia in costante diminuzione, queste chiedono sempre maggiori privilegi e insistono per imporre le proprie visioni ai non cattolici ed ai non credenti“.
Nella lettera le associazioni ritengono che a determinare questa situazione siano i nostri politici, rei di subire passivamente i dettami della Chiesa: “la maggior parte dei leaders politici – scrivono – sono proni nell’accettare tali richieste senza riguardo per i diritti e le libertà, le vite e le storie personali, il credo e le scelte di milioni di donne e uomini“. La lettera si conclude con una chiara richiesta di uguaglianza di trattamento: alcuni di noi sono credenti e tutti noi rispettiamo i credenti, ma non possiamo accettare – concludono le associazioni laiche – che una religione, neppure la più influente, sia imposta a tutti e tutte.
Per conoscere gli effetti delle due indicazioni – da una parte il ricorso del Governo contro la sentenza del 3 novembre e dall’altra il sostegno di coloro che la difendono – bisognerà attendere alcuni mesi: vista la complessità del caso è probabile, infatti, che l’impugnazione venga esaminata da un alto numero di giudici, in seno alla Grande Camera.

 

Alessandro Giuliani

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