Assumere almeno un milione di dipendenti pubblici non è un sogno, ma è doveroso e necessario. A pensarla così è Luigi de Magistris, portavoce di Unione Popolare. Nelle stesse ore in cui l’ex sindaco di Napoli rende pubblico il programma del partito, in vista delle prossime elezioni politiche di fine settembre, rilascia anche delle dichiarazioni sull’importanza di collocare nei ruoli dello Stato un importante numero di cittadini.
“L’Italia – ricorda de Magistris – è uno dei paesi europei con il numero più basso di dipendenti pubblici ogni mille abitanti, anche come risultato dei tagli e dei blocchi del turnover degli ultimi anni. È per questo che una delle proposte principali della campagna di Unione Popolare è l’assunzione di un milione di persone, a partire da sanità e scuola, due settori fondamentali del nostro paese dilaniati da anni di tagli“.
“Più dipendenti pubblici in scuola e sanità – aggiunge – metterebbe fine alle lunghe file di attesa nella sanità e alle ‘classi pollaio’ nella nostra scuola. Inoltre lo Stato creerebbe lavoro buono, stabile e sicuro e al contempo molto utile alla società per persone spesso qualificate che oggi si trovano senza lavoro e sono costrette a emigrare o accettare lavori precari a malpagati. Infine, avrebbe conseguenze positive su tutta l’economia. Secondo un recente studio ci sarebbe un aumento del 1.7% del Pil con questo aumento di dipendenti pubblici. Insomma non si tratterebbe di una spesa ma di un investimento”.
Senza entrare nel merito delle differenze territoriali (considerando che in alcune zone del Sud la percentuale di dipendenti statali è decisamente più alta della media nazionale), il numero uno di Unione Popolare ha detto che un milione di assunzioni “a molti potrà sembrare una cifra assurda, astronomica. Ma in realtà – sottolinea – ne servirebbero ancora di più, addirittura un milione e mezzo solo per arrivare alla media europea di dipendenti pubblici per mille abitanti”.
L’operazione, continua de Magistris, “avrebbe una serie di conseguenze molto positive che il nostro paese aspetta da anni. Prima di tutto lo Stato sarebbe finalmente in grado di offrire migliori servizi pubblici dopo anni di distruzione da parte di governi di centrodestra e centrosinistra indistintamente”.
“È ora di farla finita – conclude l’ex sindaco di Napoli – con l’idea che gli impiegati pubblici sono uno spreco. Per avere un’economia avanzata serve uno stato efficiente e per avere uno stato efficiente servono dipendenti pubblici qualificati e in numero sufficiente”.
Ma quanti sono i docenti, Ata e dirigenti scolastici che servirebbero alla scuola. Facciamo due conti. Attualmente, si sottoscrivono ogni fine estate non mendo di 150 mila supplenze annuali. Una parte, minima, riguardano distacchi o incarichi in altri ruoli; almeno un terzo, invece, sono su organico di fatto (o in deroga, come nel caso del sostegno) o formate da cattedre orario ed in questi casi per trasformarle in cattedre a tempo indeterminato – utili alle immissioni in ruolo – servirebbe cambiare la norma.
Poi, vi sarebbe l’organico Covid (inizialmente composto da oltre 80 mila insegnanti, amministrativi e soprattutto collaboratori scolastici), che tanto è servito nel periodo della pandemia ma che il governo Draghi ha deciso di cassare.
Se si volesse davvero ridurre il numero massimo di alunni per classe, andando come minimo a cancellare le circa 10-15 mila classi cosiddette “pollaio” (con oltre 26-27 alunni iscritti) allora servirebbero non meno di altri 100 mila insegnanti.
E se e si ritornasse agli organici precedenti alla riforma Gelmini del 2008 (riportando compresenze, docenti specializzati alla primaria, più ore di lezione settimanali, ecc.), allora l’esigenza di insegnanti sarebbe di almeno altri 150 mila maestri e professori. Più altri 50 mila Ata.
Senza dimenticare qualche migliaio di dirigenti scolastici (circa 3 mila), spazzati via dallo stesso “dimensionamento” dell’ultimo governo Berlusconi, che ha cancellato altrettanto scuole autonome.
In tutto, si tratterebbe, quindi, di circa mezzo milione di posti nella scuola tra insegnanti (l’80%), amministrativi, tecnici e ausiliari: un numero altissimo, che graverebbe ogni anno sulle casse dello Stato per almeno una quindicina di miliardi di euro l’anno.
Mentre per assumere un milione di dipendenti, considerando gli attuali stipendi e non quelli europei che tutti i partiti vorrebbero assegnare nei prossimi anni, di miliardi ne servirebbero non meno di 30, sempre annui.
Cifre importantissime, superiori ad una Legge di Bilancio: cifre che meriterebbero di essere anche “coperte” con voci specifiche. Quelle che, per il momento, de Magistris però non cita.
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