Come ogni anno, verso la metà dell’estate, stuoli di precari attendono le famigerate immissioni in ruolo, spesso preceduti da roboanti e sfavillanti proclami che annunciano favolosi piani di assunzione. Tuttavia, anche quest’anno, siamo costretti a registrare numeri a ribasso, rispetto alle aspettative che non soltanto sono legittime dopo anni sfinenti di precariato ma che sono lo spesso del reale fabbisogno del sistema che al precariato stesso fa necessariamente ricorso per sopperire alle carenze del sistema scolastico nazionale.
Mi preme quindi mettere nero su bianco ciò che, denunciato un po’ da tutti, spesso si fa fatica ad assemblare, tanto distanti e scollegati sembrano temi e problemi, ma, avendo da molto tempo abbracciato la visione di “sistema”. questo mi permette di considerare, talvolta con mio stesso stupore, fatti e propositi in modo un po’ spregiudicato ma con una prossimità sorprendente rispetto a ciò che, presto o tardi, si rivela.
La prima scandalosa questione è legata ai concorsi straordinari e riservati agli abilitati della scuola secondaria e di primaria e infanzia, rispettivamente del 2018 e del 2019, le cui procedure tardano ad essere espletate in alcune provincie, e che concluderanno la definizione delle graduatorie dopo l’immissione in ruolo, con evidente danno per i candidati, inesorabilmente fuori dalle attuali procedure di reclutamento.
A questo scenario, si aggiunge il calvario dei docenti vincitori del concorso 2016, sospesi nel nulla in attesa di nomine in ruolo che non avverranno nemmeno quest’anno, un triste déjà-vu che mi ha riportato all’indomani del varo della legge 107 e dei piani di assunzione ad essa collegati.
Chi rimase nelle graduatorie delle province del Sud, in attesa del suo turno, si vide espropriato dalla possibilità di stabilizzazione da “rientri” di ogni sorta, alcuni legittimi altri meno. In quel periodo, infatti, alcuni furono “sparati” nella penisola da un algoritmo poi dichiarato illegittimo dalla Magistratura, ma i cui effetti furono disastrosi su molte vite professionali e personali.
All’epoca, vale ricordarlo, ritengo che non ci si oppose sufficientemente ed energicamente alle logiche dei piani di assunzione straordinari da parte dei più, convinti che “un piede dentro” sarebbe stata una svolta occupazionale, indipendentemente dalla sede di assegnazione. La storia ha dato loro ragione e con mobilità di ogni sorta, tutti o quasi si sono “avvicinati” a casa, creando, loro malgrado, situazioni di inaudita gravità a danno di chi ha vinto il concorso bandito dalla stessa amministrazione che ha creato e reiterato disastri e conflittualità e alimentato guerre fratricide.
Oggi, alla vigilia di nuovi probabili concorsi, almeno stando alle dichiarazioni del MIUR, e con altri “rientri” appena conclusi, di posti al Sud per l’immissione in ruolo da concorso non ne sono rimasti molti, nemmeno per le GAE storiche, specie di infanzia e primaria, e serpeggia una certa preoccupazione per la scadenza della validità delle graduatorie di merito, ormai agli sgoccioli. Giustamente si denuncia la mancanza di risposte da parte del MIUR e si risponde a tono persino all’opposizione parlamentare che accusa il Governo di inadeguatezza, dimenticandosi di essere stati gli autori dell’avvio di questa controversa e brutta pagina vissuta dal precariato scolastico di mezza Italia.
Io, invece, indossando le vesti di Cassandra, leggo nel silenzio del MIUR alla rabbia dei docenti ingabbiati nelle graduatorie in attesa del ruolo, un preciso disegno, che tenterò di spiegare…
Favorire il ritorno a Sud dei docenti meridionali, nuovi “clienti” per politica e organizzazioni sindacali, bandire procedure abilitanti e nuovi concorsi per i tanti precari che annualmente ricoprono posti disponibili a iosa nel Centro ma prevalentemente nel Nord Italia, promettendo poi di stabilizzarli, mantenere in attesa il Sud di un adeguamento dell’offerta formativa, che non avverrà mai, specie se passa il progetto di differenziazione regionale e, sempre per effetto di quest’ultima, attribuire poi alle regioni le responsabilità che ne seguiranno, anche in termini occupazionali, mi appaiono tasselli di una politica ben precisa e con effetti a medio e lungo termine.
A questo, aggiungerei che i precari costano nettamente meno, sia nell’immediato che a lungo termine, visto che gli anni di preruolo non sono conteggiati interamente ai fini pensionistici.
Sto forse esagerando, ma lo avevo premesso: ero in vena di farneticazioni!
Ma nella mia decennale esperienza, spesso, farneticando ho intravisto pericoli e insidie a danno di noi precari e non ho potuto tacere.
Credo quindi sia il caso di tenere insieme i vari pezzi, altrimenti, ogni battaglia, finirà per essere vana, per la scuola come per i docenti che annualmente la tengono in piedi!
Valeria Bruccola – Coordinatrice Nazionale ADIDA
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