Una paginetta contenuta nella relazione accompagnatoria del “Decreto dignità” fa scoppiare un caso senza precedenti, il vicepremier Luigi Di Maio perde le staffe e dice che è la dimostrazione che “questo decreto dignità ha contro lobby di tutti i tipi”.
Ma cosa è successo in concreto?
In una tabella della relazione tecnica si parla di un effetto che determinerà una perdita di 8mila posti di lavoro all’anno.
“Quel numero – dice Di Maio – per me non ha alcuna validità, è apparso la notte prima che il dl venisse inviato al Quirinale. Non è un numero messo dai miei ministeri o altri ministri”.
Secondo l’Agenzia Ansa, fonti qualificate del M5S parlano della necessità di “fare pulizia” nella Ragioneria dello Stato e al ministero dell’Economia.
Anzi ci sarebbe persino qualcuno che si sarebbe lasciato andare a dire: “Bisogna togliere dai posti chiave chi mira a ledere l’operato di governo e M5s. Abbiamo bisogno di persone di fiducia, non di vipere”.
Al netto della polemica politica e dei toni certamente poco “istituzionali” (è incredibile che da ambienti governativi si parli della Ragioneria Generale dello Stato come di un “covo di vipere”) il problema non è affatto di poco conto.
Il tema politico di fondo è: ma si possono fare riforme serie senza riformare innanzitutto la macchina amministrativa dello Stato? E’ possibile che l’apparato amministrativo sia molto spesso ampiamente impermeabile rispetto alle scelte del decisore politico?
La questione riguarda da vicino anche (e forse soprattutto) il sistema scolastico dove, spesso, è capitato che anche le migliori intenzioni della politica abbiano trovato ostacoli proprio nella stessa macchina dello Stato, complici anche leggi complicate, capziose che si contraddicono fra di loro.
E allora, cosa succederà quando il Governo deciderà di mettere mano a operazioni un po’ più complesse e delicate?
Siamo proprio sicuri che la Ragioneria Generale dello Stato non metterà vincoli e paletti per bloccare assunzioni e procedure concorsuali?
Ammesso che il Governo davvero lo voglia fare, si riuscirà davvero ad affrontare il problema del precariato ?
Non dimentichiamo che è ormai da più di un decennio almeno che il tema del precariato, anche a causa di atti amministrativi adottati in contrasto con le leggi (contrasto la cui responsabilità andrebbe addossata all’apparato amministrativo e non alla politica), viene di fatto gestito più dai tribunali che dal Parlamento.
Lo stesso “algoritmo” impazzito della legge 107 che aveva determinato assegnazioni di sede assurde, tanto che in diversi casi i Tribunali hanno dovuto dare ragione ai ricorrenti, non è esso stesso dovuto anche ad un cattivo funzionamento della macchina ministeriale?
Insomma il problema del rapporto fra governo politico e amministrazione permanente è assolutamente rilevante e prioritario. Il M5S non lo aveva ancora toccato con mano, ma, di qui in avanti, dovrà tenerne conto.
Evitando però di parlare di “vipere”.
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