In questi giorni sono apparse sui quotidiani dichiarazioni da cui si evince che le persone che, pur REGOLARMENTE iscritte in Gae, non hanno maturato servizio (o perché non chiamate o perché avevano la necessità e l’opportunità di lavorare per 12 mesi all’anno anziché per 9 o addirittura meno) saranno escluse dal piano di assunzioni più volte annunciato dal Governo.
Vorrei sottolineare che per aver diritto all’assunzione a tempo indeterminato da Gae non è MAI stato obbligatorio aver svolto del servizio: non credo che la sentenza della Corte Europea volesse privare di un diritto stabilito da una Legge del nostro Stato.
Se così doveva essere, in uno Stato di Diritto come il nostro, tale norma, che va a toccare dei diritti soggettivi, doveva essere stabilita prima, non a giochi fatti su vecchie graduatorie per le quali sono sempre state valide regole diverse anche perché bisogna dare alle persone la possibilità di conformarsi alle nuove norme e organizzarsi in modo da poterle rispettare se vogliono.
A proposito del servizio si evidenzia inoltre che negli ultimi anni sono stati assunti da graduatorie di concorsi fatti negli anni 90 docenti anche vicini ai sessant’anni che non hanno mai davvero messo piede in un’aula scolastica: nelle Gae invece la maggior parte degli iscritti proviene dalla Ssis, una scuola di specializzazione di durata biennale (a differenza del Tfa di durata annuale, che tra l’altro non ha mai dato il diritto all’assunzione in ruolo, si veda le ultime sentenze dei Tar) il cui curricolo prevedeva anche lo svolgimento di diverse ore di tirocinio a scuola.
L’esame finale di abilitazione Ssis tra l’altro equivale sempre per legge al superamento di una prova concorsuale. Perché quindi loro non hanno perso il diritto mentre gli iscritti in Gae si?
Mi domando quindi se mettere adesso dei requisiti del genere che non ci sono mai stati e fare avere loro peraltro valore retroattivo non violi i principi non solo della Pubblica Amministrazione, primi tra tutti trasparenza, parità di trattamento, certezza sulle norme, ma anche quelli di uno Stato di Diritto a cui noi ci pregiamo di appartenere.
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