Prima hanno bussato alla Regione, poi a Miur e Governo: ora al Papa. Sono i prof sardi che hanno fatto domanda per le fasi b) e c) di assunzioni e ora temono il trasferimento nel “Continente”.
L’idea è giunta ascoltando le parole di Papa Francesco di mercoledì scorso a San Pietro. “Il lavoro è importante – ricordano prof e maestri citando le parole del Pontefice – ma non deve penalizzare la famiglia”.
“Per che stiamo lottando per continuare a insegnare senza dover abbandonare la nostra casa – dicono i supplenti abilitati sardi -, i nostri mariti o le nostri mogli, i nostri figli e i nostri genitori, sono state parole che ci hanno riempito il cuore. Lungi da noi voler strumentalizzare o tirare per la giacchetta il Santo Padre. Noi docenti del Comitato delle Valigie del 10 agosto vogliamo solo dire grazie, personalmente, a Francesco per aver ribadito principi che siamo stati costretti a sostenere andando a protestare davanti ai palazzi delle istituzioni, in aeroporto e al mare”.
I precari della Sardegna non sperano nel “miracolo” dal Papa, ma cercano almeno il suo consenso. “Siamo sicuri che non serviranno nuove parole, ci bastano quelle che il Pontefice ha già pronunciato. Ci basterà uno sguardo, un sorriso, un gesto. Non vogliamo comodità o il posto sotto casa: siamo pronti a sobbarcarci anche, come sempre abbiamo fatto, chilometri e chilometri. Ma chiediamo una sola cosa: non spezzate le nostre famiglie”.
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Nella lettera scritta al Papa, scrivono che “stiamo parlando di persone che a 40, 50 anni e più, a causa del meccanismo causato da questa legge, si trovano costretti a dover lasciare la loro famiglia e gli affetti più cari a chilometri di distanza (e nel caso dei sardi con il mare di mezzo), con l’aggravio dell’impossibilità di poterli vedere spesso poiché la retribuzione non lo consentirebbe. Noi vorremmo, Santo Padre, insieme a Lei, rivolgere una preghiera ai responsabili di questa legge, affinché un raggio di luce possa illuminare le loro coscienze e consentire loro di fare il proprio dovere di uomini e donne di buon senso prima ancora che politici, tutelando in primis, nelle loro azioni, l’unità imprescindibile ed il valore sacro della Famiglia”, concludono i precari nella lettera inviata a Papa Francesco.
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