Mancano all’appello 6mila docenti delle discipline, 7mila di sostegno, 13mila Ata e i 4mila ‘Quota 96’ a cui il Governo intende dare il via libera attraverso la riforma della PA.
Marcello Pacifico (Anief-Confedir): il tradizionale ostruzionismo di Viale Trastevere per la stabilizzazione del personale scolastico, però, stavolta potrebbe essere superato delle ormai prossime indicazioni della Corte di Giustizia europea, di fronte alle quali i giudici del lavoro italiani non potranno che adeguarsi.
La miope politica del risparmio sulla pelle dei supplenti, adottata dall’amministrazione pubblica italiana, non ha limiti: mentre da Lussemburgo continuano ad arrivare segnali importanti per la stabilizzazione di tutti i precari della scuola con almeno 36 mesi di servizio, stavolta attraverso una lucida disamina dell’avvocato generale Maciej Szpunar, in Italia si continua programmare l’assunzione del personale con “la bilancia in mano”. La metafora è d’obbligo. Proprio oggi il Miur, attraverso il Direttore generale Luciano Chiappetta, ha confermato che al Ministero dell’Economia è stato chiesto di assumere solo 32.500 dipendenti: “quindicimila professori “su posti comuni” per coprire il turn over. Altri 13mila per il sostegno, la seconda tranche del piano triennale di stabilizzazioni varato lo scorso anno dal decreto Carrozza. Più 4.500 Ata (il personale tecnico amministrativo)”.
L’associazione sindacale Anief ha calcolato che i posti complessivi da assegnare per le immissioni in ruolo dovevano essere il doppio. Prima di tutto perché il numero di cattedre curricolari vacanti non è di sole 15mila unità: se al totale dei docenti già di ruolo (594.854) togliamo i pensionamenti (15.414), arriviamo quasi a 580mila insegnanti di ruolo in servizio. Ma siccome l’organico di diritto dei docenti italiani per l’anno scolastico 2014/2015 è di 600.839 unità, sono circa 6mila le cattedre che rimarranno vacanti. E che andavano indicate al Mef da inserire tra le immissioni in ruolo.
Un’analisi simile riguarda le 13.342 immissioni in ruolo riservate agli insegnanti di sostegno, come indicato dall’ex ministro Maria Chiara Carrozza, durante il Governo Letta, attraverso il Decreto Scuola: Anief ha dimostrato che per rispettare il rapporto 1 a 2 docenti-alunni previsto dalla legge, le assunzioni del personale docente specializzato nell’insegnamento degli alunni disabili dovevano essere il 50 per cento in più. Questo avviene anche perché l’attuale organico continua ad essere riferito a quello di 8 anni fa e non alla effettiva copertura di oltre 220mila alunni con disabilità oggi frequentanti le nostre scuole: anche in questo caso mancano quindi all’appello altri 7mila posti.
Ma la carenza maggiore quest’anno riguarda il personale amministrativo, tecnico, ausiliario e di supporto a vario titolo: ai 4.599 pensionamenti del personale Ata, vanno infatti aggiunti quasi 13mila posti vacanti. Che corrispondono a 2.692 assistenti amministrativi, 1.032 assistenti tecnici, 8.172 collaboratori scolastici, 126 cuochi, 104 collaboratori scolastici tecnici, 111 guardarobieri, 36 infermieri: si tratta di posti vacanti a tutti gli effetti, che quindi necessitano di personale stabile.
Se a questi numeri aggiungiamo anche i circa 4mila ‘Quota 96’, rimasti bloccati dalla riforma Fornero e prossimi al pensionamento grazie all’intervento bipartisan promesso dal Governo Renzi, attraverso una precisa norma annessa al decreto di riforma della Pubblica amministrazione, si arriva a 30mila posti liberi. Che dal Ministero dell’istruzione continuano ad occultare.
Secondo Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir, “quando si tratta di assunzioni, al Miur si procede con il tradizionale atteggiamento di ostruzione rispetto alle esigenze reali. E mai come oggi, rispetto ai segnali sempre più chiari che giungono dall’Unione europea, il rischio sempre più concreto è che presto a decretare il doppio delle assunzioni, oltre 60mila anziché 32.500, saranno i giudici del lavoro, che di fronte ad una indicazione della Corte di Giustizia europea non potranno fare altro che adeguarsi”.
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