È passato un anno dall’attuazione del piano straordinario della Buona Scuola: continua a far discutere la scelta di assumere da GaE su province distanti 8mila docenti.
Stiamo parlando di quasi tutti gli immessi in ruolo con la Fase B del piano della L. 107/15. Perché per i quasi 50mila “potenziatori”, assunti a tempo indeterminato successivamente, con la fase C, invece i posti sono stati trovati in gran parte nella provincia di appartenenza. Con le proteste derivanti dal fatto che costoro detenevano un punteggio inferiore ai primi, spediti invece lontano.
Quest’anno molti dei docenti stabilizzati con la Fase B, hanno avuto la possibilità di tornare vicino casa grazie all’assegnazione provvisoria. Che anche l’anno dovrebbe essere confermata. Ma per il trasferimento le possibilità non sono altissime.
Su questo argomento, si è svolta il 3 novembre, presso la Sala Stampa della Camera dei Deputati, la prima conferenza stampa promossa dal Comitato 8000EsiliatiFaseB GAE, dal titolo “Effetti della Buona Scuola – la legge 107 e la Costituzione”.
Vi proponiamo il comunicato per intero, da cui traspare tutta la determinazione del comitato, avvalorata da autorevoli pareri di accademici e costituzionalisti.
Il Comitato 8000EsiliatiFaseB GAE è costituito da docenti assunti in ruolo nel settembre 2015 con la fase B del piano straordinario previsto dalla legge 107/2015, provenienti dalle Graduatorie ad Esaurimento (GAE) e assegnati a province diverse da quella dell’iscrizione in graduatoria, lontane anche migliaia di chilometri dalle loro residenze.
Come ha spiegato l’on. Latronico, che ha consentito la realizzazione della conferenza stampa e che si è fatto già promotore di un’interrogazione parlamentare sulle stesse tematiche a febbraio, l’evento «nasce per raccontare una storia vera, che ha coinvolto migliaia di docenti, che sono stati penalizzati da una modalità ingiusta di organizzare le risorse e le competenze all’interno della scuola italiana, con lo scopo di contribuire ad una rivalutazione della legge e a modifiche che possano cambiarla nel senso dell’equità». Ha poi sottolineato che «non si può non tener conto dell’impatto sociale: il Sud vive una crisi straordinaria di emigrazione ricorrente e si stima che nei prossimi anni dal Sud andranno via 5 milioni di abitanti. Come faremo il Rinascimento del Mezzogiorno se perdiamo anche insegnanti? Facciamo un errore storico».
«La Buona Scuola», ha spiegato la prof.ssa Pinca, vice presidente del Comitato « nell’immaginario collettivo appariva come la panacea di tutti i mali, ma sappiamo che qualcosa non ha funzionato… quel qualcosa di chiama docenti fase b GAE», quei precari storici che con il loro servizio hanno retto per anni le scuole pubbliche, in particolare nel Sud e Centro Italia. L’algortimo assunzionale si è ritorto contro questi 8000 docenti, sparpagliandoli sul grande scacchiere dell’Italia centro-settentrionale, senza considerarne le aspettative territoriali e le esperienze.
«E’ vero, siamo stati assunti, ma a quale prezzo?» si chiede la Prof.ssa Pinca e spiega come l’adesione al piano assunzionale sia stata motivata dalle faq 18 e 19 del MIUR e dal comma 131 secondo il quale «dopo 36 mesi di servizio un supplente non avrebbe avuto più diritto ad un contratto. Ma il paradosso è questo: fino al 1° settembre 2015 eravamo stabilmente precari nelle nostre province, invece adesso siamo di ruolo, ma abbiamo un ruolo che ci ha destabilizzato a livello umano, familiare e professionale, perché i posti che ci spettavano per scorrimento in graduatoria sono andati a chi abbiamo sempre preceduto. Si dice che non si possono spostare gli alunni, ma se i posti non ci fossero, cosa avremmo fatto in tutti questi anni di docenza? Perché un nuovo concorso nel 2016 su numerosi posti vacanti al Sud? Perché questi posti non sono stati assegnati a noi che abbiamo sempre lavorato con passione nelle nostre province?».
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Per la tutela dei diritti calpestati dalla Buona Scuola il Comitato si è rivolto al prof. Alberto Lucarelli, illustre costituzionalista e professore ordinario presso l’Università di Napoli Federico II. «Ho preso a cuore la vicenda» ha dichiarato Lucarelli «perché rappresenta una lotta di democrazia per i diritti, che il Comitato vuole affermare anche in chiave propositiva». Ha poi sottolineato come la stabilizzazione del precariato nella scuola in Italia sia arrivata dopo la pronuncia della Corte di Giustizia Europea per l’inadempimento dello Stato Italiano rispetto all’abusivo ricorso della contrattazione a termine per i lavoratori.
«Ma proprio i docenti che avevano diritto alla stabilizzazione sono stati “deportati” in contesti territoriali diversi, lontani da quelli dove avevano lavorato e vissuto e in numerosi casi con mansioni diverse. Questi docenti» continua Lucarelli «in palese contrasto con i principi costituzionali di razionalità e ragionevolezza sanciti dall’art. 3 della Costituzione, hanno dovuto sottoscrivere contratti diversi rispetto ai pregressi contratti di lavoro a termine, che si sono protratti per più di 36 mesi». Lucarelli ha poi evidenziato una serie di diritti fondamentali lesi, che vanno dalla legittima aspettativa all’assunzione nella propria provincia, per l’iscrizione nelle GAE provinciali, alla disparità di trattamento tra le diverse fasi del piano assunzionale, all’assenza di trasparenza dell’algoritmo che ha stabilito le destinazioni dei docenti.
Pur ricordando che il Comitato ha già avviato un’azione legale, Lucarelli ha auspicato una soluzione politica attraverso un intervento legislativo che ripristini i diritti delle persone coinvolte, prima di tutto riservando loro le disponibilità residue negli organici di diritto e di fatto. Ha poi proposto di incentivare anche economicamente la scelta libera di trasferirsi per coprire le esigenze di organico di altre province e di stabilizzare sul sostegno solo i docenti specializzati che sono disponibili a rimanere su quel ruolo. Inoltre l’ordine di priorità che rispetti le esigenze di stabilizzazione imposte dalla normativa comunitaria, dovrebbe garantire a chi ha lavorato più di 36 mesi di essere assunto su quegli stessi ruoli provinciali e l’assunzione andrebbe retrodatata al momento cui sono stati raggiunti i 36 mesi.
Il prof. Leonardo Alagna, sociologo, dell’Osservatorio diritti scuola, ha poi denunciato gli effetti della Buona Scuola sull’insegnamento del sostegno, sottolineando soprattutto gli interessi e i diritti degli alunni disabili. Prendendo a riferimento la situazione della Sicilia, Alagna ha spiegato il paradosso dei posti in deroga, quei posti che vengono creati a fronte delle certificazioni mediche e delle sentenze del Tar per l’assistenza agli studenti disabili e che di fatto vengono riconfermati ogni anno. I posti in deroga quest’anno in Sicilia sono stati oltre 5000 e sono posti paradossalmente rimasti vuoti dopo la mobilità, poiché, come afferma Alagna, «gli insegnanti sono stati tutti spediti al Nord, dove sulla carta servivano, e non al Sud, dove in realtà sono indispensabili per coprire le migliaia di deroghe».
Infine la prof.ssa Urso, referente regionale del Comitato, ha spiegato come il fatto che “gli alunni sono al Nord e gli insegnanti al Sud” sia ormai diventato un luogo comune, che non ha una giustificazione reale, dal momento che parliamo di insegnanti che da molti anni lavorano al Sud da precari, quindi con gli alunni del Sud. «Non è fattibile pensare di spostare i docenti del Mezzogiorno per risolvere i bisogni formativi del Nord, penalizzando gli alunni, il tessuto sociale e gli insegnanti del Meridione», afferma la Urso.
In un’ottica di dialogo e collaborazione con le istituzioni, propone inoltre una serie di soluzioni per superare i problemi finora evidenziati, in primis quella di consentire agli immessi in ruolo nell’anno scolastico 2015/16 di fare domanda di mobilità interprovinciale per l’anno scolastico 2017/18, in deroga al vincolo triennale per i neoassunti. Altre misure proposte riguardano il riconoscimento dei posti di sostegno nel rispetto della legge 104/92 e la trasformazione dei posti in deroga sul sostegno in posti di organico di diritto; la trasformazione delle cattedre in organico di fatto in organico di diritto, rendendole disponibili per i trasferimenti; la ripartizione delle cattedre di potenziamento previste nell’organico dell’autonomia secondo le reali richieste che le scuole hanno espresso nei PTOF; l’ampliamento dei quadri orari delle discipline di insegnamento (che hanno subito riduzioni con la riforma Gelmini) e del tempo scuola; la maggiore presenza delle scuole nelle carceri, negli ospedali e a domicilio; il rispetto di un limite massimo di alunni per classe, che eviti le classi pollaio, assicurando il rispetto della normativa sulla sicurezza e il diritto allo studio.
«La scuola è la nostra fabbrica del futuro» ha concluso la Urso «prima che di numeri è fatta di persone: alunni con diversi bisogni educativi, formativi e speciali, insegnanti con professionalità, esigenze e amore per la propria terra. Sostenere e risollevare la scuola vuol dire aiutare un Paese a crescere. Vogliamo sperare che le istituzioni possano risolvere gli esiti di un piano assunzionale, che seppur formulato con buoni propositi, ha avuto esiti controversi».
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