Finalmente, lo Stato torna ad assumere. Dopo anni e anni di mancato turn over, la macchina pubblica ha deciso di utilizzare le graduatorie degli idonei e, laddove non siano sufficienti, di realizzare nuovi concorsi pubblici, per coprire almeno 150 mila posti l’anno: l’obiettivo è cancellare la politica della spending review, migliorando quindi i servizi pubblici con la sostituzione, al 100%, del personale che lascia per andare in pensione.
L’annuncio è stato fatto dalla ministra della Funzione Pubblica Fabiana Dadone, dopo che la precedente manovra aveva rinviato al 15 novembre 2019 lo sblocco delle assunzioni nei ministeri, agenzie fiscali ed enti pubblici non economici.
Sono interessati al cambio di passo anche gli enti locali, ad iniziare dalle Regioni. Per queste ultime, scrive l’Ansa, “si prevede un decreto ad hoc” e quindi “si potranno fare ancora più assunzioni, ancorandole a parametri diversi dai pensionamenti”.
Le 150 mila assunzioni annue tengono conto, hanno spiegato da Palazzo Vidoni, degli ingressi extra finanziati con le passate manovre.
Complessivamente, sommando tutto, si dovrebbe arrivare a 450-500 mila entrate nell’arco di un triennio.
Per raggiungere lo scopo, la scorsa estata, attraverso il decreto Concretezza, si è provveduto a creare i presupposti per realizzare concorsi più veloci, con test a risposta multipla introdotti anche per le prove scritte.
La correzione potrà essere automatizzata e potranno essere create sottocommissioni quando si oltrepassano i 250 candidati.
Non ci sarà poi bisogno di un’autorizzazione preventiva ad assumere (nel limite dell’80% delle facoltà).
Chi gestisce la pubblica amministrazione sembra avere le idee chiare su quali saranno i prossimi concorsi.
L’ex ministro per la PA Giulia Bongiorno, aveva anche individuato le professionalità da reclutare in via prioritaria: esperti in digitalizzazione, in gestione dei fondi strutturali, in semplificazione amministrativa e in controllo di gestione.
Per la scuola, dove quest’anno si è registrato un numero di supplenze annuali superiori al passato, oltre 200 mila, la disposizione non avrà effetti pratici.
In questi anni, gli istituti scolastici hanno continuato a funzionare senza tenere conto dei blocchi assunzioni previsti per il resto del pubblico impiego. Il turn over, infatti, anche se non al 100%, si è sempre attuato.
Tuttavia, la spinta ai concorsi, ordinari e straordinari previsti nel 2020 per il personale docente, impressa prima dall’ex ministro Marco Bussetti e confermata dall’attuale titolare del Miur Lorenzo Fioramonti, porterà comunque all’assunzione di almeno 48 mila nuovi insegnanti (suddivisi equamente) nel volgere di un biennio.
Parallelamente, si abiliteranno decine di migliaia di insegnanti precari attraverso i Pas.
E si specializzeranno quasi 50 mila docenti sul sostegno, per coprire l’alto numero di cattedre destinate alla didattica speciale che ad oggi risultano ancora senza titolare, tanto che due mesi dall’inizio dell’anno scolastico stanno costringendo i dirigenti scolastici a fare i salti mortali per assumere fuori graduatoria tramite Mad.
Un discorso a parte, purtroppo in negativo, va fatto per il personale Ata della scuola pubblica – assistenti amministrativi, tecnici e collaboratori scolastici – per il quale negli ultimi lustri si è spesso deciso di non procedere ad alcuna assunzione.
E anche quando è stato fatto, non si è mai andati oltre al ricambio derivante dai pensionamenti, sebbene i posti disponibili fossero molti di più.
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