I dati forniti in queste ore dalla Flc-Cgil sull’andamento delle assunzioni nella scuola dell’infanzia e della primaria sono ricchi di implicazioni e conseguenze e meriterebbero di essere analizzati a fondo.
Per ora ci limitiamo a qualche semplice osservazione.
Il primo elemento che emerge riguarda la concreta possibilità di bandire concorsi nei prossimi anni.
I numeri dicono una cosa piuttosto chiara: per quanto concerne i posti comuni di primaria in alcune regioni ci sono ancora da smaltire le graduatorie di precedenti concorsi; in Campania, per esempio ci sono ancora da smaltire più di 1.800 assunzioni dal concorso straordinario 2018 e persino 200 dall’ordinario del 2016. In Sicilia c’è un residuo di 1360 assunzioni da fare con le graduatorie del concorso del 2018 e 1250 dal concorso 2020.
Residui più o meno consistenti si registrano in quasi tutte le regioni del sud (a livello nazionale il residuo sfiora le 12mila unità, 1.800 riguardano le regioni del nord e 3.800 quelle del centro).
Questo significa che, pur tenendo conto dei pensionamenti che si prevedono a partire dal prossimo settembre (6.600 secondo i dati Flc) in alcune regioni del sud, come per esempio Calabria e Campania non sarà possibile bandire un nuovo concorso; la Flc prevede complessivamente poco più di 5mila posti a concorso per la primaria, ma solamente 650 riguarderebbero il sud e le isole.
Tutto questo senza ancora considerare gli effetti delle operazioni di mobilità 2023/24 che potrebbero persino azzerare le scarse disponibilità di posti delle regioni meridionali soprattutto se dovessero essere eliminati i vincoli ancora esistenti.
Molto più complessa la situazione nella scuola dell’infanzia dove FLC parla di 900 possibili posti da mettere a concorso, quasi tutti al nord e pochissimi al centro, nessuno (o quasi) al sud.
Il sindacato di Francesco Sinopoli parla della necessità di una programmazione pluriennale degli accessi al corso di laurea di Scienze della Formazione Primaria, ma resta il dubbio che questa misura, da sola, possa servire a risolvere un problema che sembra aggravarsi ogni anno di più.
Ma ci permettiamo di nutrire qualche dubbio perché a noi sembra che nelle regioni del nord, e soprattutto in alcune aree territoriali, la copertura dei posti disponibili risulta difficile per molte ragioni, a partire dal fatto che le opportunità di lavoro sono molto diverse rispetto al meridione dove spesso l’insegnamento è l’unica strada possibile per i laureati.
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