Le assunzioni dei docenti precari vanno scorporate dal disegno di legge #riformabuonascuola: a chiederlo, dopo i sindacati e molti diretti interessati, timorosi che un eventuale decadimento del testo alla Camera o al Senato possa mettere in discussione anche le 100mila immissioni in ruolo programmate dal Governo, stavolta sono le Regioni di Lazio e Puglia.
La richiesta delle due Giunte è arrivata con un documento allegato al testo, firmato dagli assessori all’Istruzione Massimiliano Smeriglio per il Lazio e Alba Sasso per la Puglia e, approvato nell’ultima seduta della Conferenza delle Regioni sul disegno di legge sulla “Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti”: nel documento si motiva la richiesta perché in tal modo si eviterebbe “una compressione dei tempi parlamentari e per consentire la stabilizzazione degli stessi sin dal prossimo anno scolastico. Chiediamo anche una maggiore chiarezza sulla platea degli aventi diritto alla stabilizzazione e un calendario dei tempi delle assunzioni stesse”.
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“Non condividiamo soprattutto – si legge ancora nel documento – quell’aspetto del Ddl, tra l’altro non presente nel testo sottoposto a consultazione, che affida al solo dirigente scolastico il governo del sistema, perché convinti che, in un territorio sensibile come quello della scuola, l’esercizio del governo dei processi abbia bisogno di collegialità, di distribuzione di pesi e di responsabilità, come già avviene in tante esperienze di qualità nei nostri istituti scolastici. Riteniamo inoltre che la chiamata diretta degli insegnanti metta in discussione il principio costituzionale della libertà di insegnamento”.
La preoccupazione delle due Regioni non è solo per le assunzioni: nel documento, i due assessori dicono di non condividere l’ampiezza eccessiva delle deleghe e l’incertezza sulle risorse finanziarie a sostegno del ddl. Perchè il Def recentemente approvato, dall’esecutivo “riduce ulteriormente le risorse per l’intero settore istruzione, formazione, Università. Manca, anche a questo governo, la volontà di investire nel campo del sapere”.
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