Assunzioni prioritaria sul sostegno, qualche osservazione

Gentile Direttore,

 

nella relazione illustrativa del disegno di legge su “La Buona Scuola” (giunto in Parlamento), si legge che l’assunzione prioritaria sul sostegno, per chi ne ha la specializzazione, è conforme alla giurisprudenza costituzionale.

In realtà, ciò su cui sembra pure opportuno ulteriormente riflettere – in una prospettiva globale – è se è conforme alla Costituzione (artt. 2, 3, 4, 33…) precludere il diritto di scelta.

La domanda che molti oggi si pongono è: perché coloro i quali hanno conseguito – per esempio, per concorso o Scuola biennale di specializzazione (Ssis) – l’abilitazione all’insegnamento nella classe di concorso (posto comune), e hanno, in più, anche la specializzazione per il sostegno, non possono scegliere se avvalersi o no del titolo stesso?

Perché non possono scegliere, nel limite dei posti complessivamente disponibili, e secondo il punteggio già acquisito nella graduatoria di appartenenza, se concorrere soltanto per il posto comune?

Questo è un aspetto delicatissimo, che meriterebbe una risposta costituzionalmente ineccepibile.

Qui non c’entra il principio di continuità didattica, giacché nessuna attività lavorativa è iniziata, trattandosi, appunto, di assunzioni ancora da realizzare e di contratti ancora da stipulare.

Piuttosto, viene in rilievo il diritto a far valere – o a non far valere – i titoli acquisiti, consentendo di scegliere di quali avvalersene e a quali rinunciare, in sintonia col principio di autodeterminazione.

E’ una scelta, questa, che può essere esercitata solo dal possessore dei titoli e non può essere, per nessuna ragione, imposta dallo Stato: ogni valutazione legislativa, naturalmente, deve essere il frutto di un bilanciamento di interessi costituzionali e deve sempre ispirarsi al principio di ragionevolezza (art. 3 Cost.).

Va benissimo riconoscere priorità alle esigenze del sostegno didattico, ma ciò non può comportare il sacrificio automatico ed estremo del diritto di scelta, per chi ha studiato e si è sacrificato anche al fine di poter scegliere: sapendo – quando ha deciso di intraprendere un certo percorso di studi – che il diritto di scelta non era affatto precluso.

Imporre la scelta nel sostegno pregiudica lo stesso valore che si vorrebbe tutelare, poiché, pur con le migliori intenzioni, si potrebbe correre il rischio di assumere i docenti prescindendo – proprio perché non di una scelta libera si tratterebbe – dalla passione, dalla vocazione e dal merito.

C’è chi, per esempio, nel tempo non si è più occupato di sostegno ma ha ulteriormente affinato e approfondito le proprie conoscenze nella disciplina della propria classe di concorso, acquisendo una esperienza – non solo nella Scuola ma anche nell’Università, nella ricerca, nella Pubblica Amministrazione…- che gioverebbe certamente alla scuola e all’insegnamento: perché non consentire a costui, con la facoltà di scelta, di offrirla, l’esperienza, invece di costringerlo alla nomina prioritaria sul sostegno? E c’è chi, al contrario, sarebbe felice di potere scegliere, per ragioni opposte, di lavorare nel sostegno, dove magari ha avuto modo di conseguire una altrettanto preziosa esperienza da spendere nella Scuola.

E’ giusto vietare di scegliere, adesso? E se si impedisce di scegliere adesso, come si potrà pretendere, domani, di imporre il vincolo quinquennale, o addirittura decennale, di permanenza?

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