Si allunga la lista dei “dimenticati” nella assunzioni della riforma della scuola: dentro vi sono gli Ata, che addirittura potrebbero perdere anche il ‘treno’ del turn over.
Ma anche i docenti della scuola d’infanzia, le cui immissioni in ruolo si fermeranno alla fase A.
Tra gli esclusi dal piano straordinario di stabilizzazione ci sono poi i docenti abilitati con TFA e PAS, un esercito di oltre 50mila precari che spinge da anni per entrare nelle GaE ma che sinora ha trovato solo tanta resistenza da parte del Miur.
Nella lista degli scontenti figurano anche i docenti di religione. Per i quali la Legge 107/15 non prevede alcuna forma di stabilizzazione. Ne abbiamo parlato Orazio Ruscica, segretario nazionale del ‘Sindacato nazionale autonomo degli insegnanti di religione’, lo Snadir, che rappresenta 8mila docenti della disciplina sui 23mila totali, quindi il 35% della categoria in Italia.
Professor Ruscica, come si spiega questo “vuoto di memoria” del legislatore della riforma sulle assunzioni su diverse categorie di professionisti che operano nella scuola?
Questa “assoluta mancanza di memoria” è dovuta al fatto che si è verificato in questi decenni uno scollamento tra la politica e le varie categorie sociali: proprio la chiusura assoluta di dialogo con le “categorie relative”, in questo caso con il personale della scuola, ha portato ad interventi che ignorano la situazione reale di chi opera con professionalità nella scuola, intesa come comunità educante. La preoccupazione del Governo è stata quella di svuotare le GaE, e noi ci auguriamo che sia mantenuto l’impegno di immettere in ruolo fino all’ultimo docente presente in tali graduatorie, dimenticando però che non tutto il personale della scuola ha potuto usufruire, in questi anni, del meccanismo della graduatoria permanente e, successivamente, ad esaurimento.
Eppure, da stime attendibili, risulta che oggi vi sono migliaia di posti vacanti tra i docenti di religione?
Secondo i dati ufficiali, aggiornati al 1° settembre 2014, il ripristino dell’organico dei posti di ruolo (70% sul totale) previsto dalle legge 186/2003, comporterebbe l’immediata immissione in ruolo di 5.321 docenti.
È in grado di dirci quanti sono i docenti della disciplina che lei tutela, già selezionati, in graduatoria pre-ruolo, che attendono solo di essere assunti?
I docenti di religione presenti nella graduatoria del 2004 sono attualmente circa 2.500. Questi docenti sono attualmente nominati incaricati annuali su posti vacanti e disponibili sull’organico di diritto. Non sono nominati su posti di insegnamento aggiuntivi. È importante ricordare che la loro immissione in ruolo, così come è avvenuto per quelli assunti a tempo indeterminato negli anni 2005/2007, avverrebbe sostanzialmente a costo zero.
È vero che ce ne sono diversi che attendono da oltre 10 anni di essere immessi in ruolo?
Sì, è vero: ci sono docenti con 10, 20, anche 25 anni di servizio. Tanti arrivano alla pensione da precari dopo 30 e più anni di insegnamento. Occorre tener presente che, secondo le indicazioni della Corte di Giustizia Europea, occorre superare la condizione di precariato di tutti i docenti: pertanto tutti i docenti di religione incaricati annuali, circa 11mila con 36 mesi di servizio, dovrebbero essere destinatari di un contratto a tempo Indeterminato. L’immissione in ruolo di tutti i docenti di religione attualmente incaricati annuali, darebbe poi l’opportunità alle scuole di poter fruire della loro notevoli competenze, a favore degli studenti per il potenziamento dell’organico dell’autonomia.
Il vostro sindacato cosa pensa di fare per opporsi a questa incongruenza?
I nostri interventi in Commissione Istruzione sono rimasti purtroppo inascoltati. Il Governo ha approvato la Legge 107/2015, che, al di là dei proclami, ha affossato la Buona Scuola e sui docenti di religionesi è comportato come Ponzio Pilato. Attiveremo tutte le iniziative possibili, anche di tipo legale, per vedere riconosciute le legittime aspettative di tanti docenti. Impugneremo il D.M. 470 del 7 luglio 2015, il Decreto 767 del 17 luglio 2015 nella parte in cui esclude i docenti di religione dal piano di assunzione e chiederemo il rinvio della Legge 107/2015 alla Corte Costituzionale, relativamente all’illegittima esclusione degli stessi docenti. Qualora, si ritenesse necessario interverremo presso la Corte di Giustizia Europea per denunciare la violazione dei principi sulla stabilizzazione dei lavoratori precari statuiti dalla stessa Corte.
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A quanti anni fa risale l’ultimo concorso? Quali erano i requisiti per accedervi?
Sono passati oltre undici anni dall’ultimo concorso, svoltosi nel 2004. Per accedervi era necessario essere in possesso dei titoli di studio (ad esempio magistero, licenza, dottorato per la scuola secondaria superiore di primo e secondo grado), il certificato di idoneità all’insegnamento della religione e un quadriennio di servizio. Le commissioni giudicatrici furono nominate – come per tutti gli altri concorsi – dall’Ufficio Scolastico Regionale, che procedettero alla valutazione dei candidati con una prova scritta e un’altra orale su un programma stabilito dal Miur.
A settembre partirà un altro anno: probabilmente, gli studenti che si avvarranno della religione cattolica saranno meno del 2014/15. Confermando una tendenza che sembra inarrestabile. Perché questo fenomeno, in un Paese di forte cultura cattolica come l’Italia?
Dal 1993 gli avvalentesi erano il 94%, nell’ultima rilevazione (2014) gli studenti che si sono avvalsi dell’insegnamento della religione risultano l’88,2%. In ventuno anni si è avuta, quindi, una diminuzione soltanto dello 0,26% annuo: tutto ciò dimostra che il numero degli alunni che si sono avvalsi dell’insegnamento di religione si è mantenuto sostanzialmente stabile, soprattutto se si considera che, nello stesso periodo, è aumentato il numero di alunni figli di immigrati e quindi appartenenti ad altre religioni. È un segno evidente che gli studenti apprezzano l’opportunità di seguire un insegnamento che, come riportato nelle indicazioni per l’insegnamento della materia, offre agli studenti “contenuti e strumenti per una riflessione sistematica sulla complessità dell’esistenza umana nel confronto aperto fra cristianesimo e altre religioni, fra cristianesimo e altri sistemi di significato” e promuove “la partecipazione ad un dialogo autentico e costruttivo, educando all’esercizio della libertà in una prospettiva di giustizia e di pace”.
In conclusione, professor Ruscica, ci dice perché uno studente dovrebbe oggi scegliere di partecipare all’ora settimanale di religione cattolica?
Noi tutti, cattolici e non, dovremmo riflettere sulla necessità di dare a tutti gli studenti, futuri cittadini, gli strumenti culturali per comprendere i profondi cambiamenti del nostro tempo. Ed una chiave di lettura è certamente proprio quella della religione, nei suoi risvolti storici e antropologici
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