L’Aifa rassicura circa la seconda dose AstraZeneca. I casi di trombosi riscontrati sono più rari che a seguito della prima dose. Sottoporsi alla seconda dose, dunque, per chi abbia ricevuto la prima senza particolari effetti, resta l’indicazione preferenziale della nostra agenzia del farmaco. Una rassicurazione all’indirizzo del mondo della scuola, docenti e Ata, che sono stati tra i primi e maggiori beneficiari del vaccino AstraZeneca, assieme alle forze dell’ordine.
Si legge nel documento di approfondimento pubblicato dall’Aifa:
Come si è visto, i casi di Vaccine-induced Immune Thrombotic thrombocytopenia (VITT) riportati dopo la prima dose hanno riguardato pochi soggetti per milione di vaccinati, prevalentemente di sesso femminile, e concentrati nella fascia di età fra 25 e 60 anni.
Alla data del 12 maggio sono stati riportati da parte della Medicines & Healthcare products Regulatory Agency (MHRA) inglese 15 casi di trombosi atipiche con piastrinopenia su circa 9 milioni di seconde dosi di Vaxzevria somministrate, il che sembrerebbe corrispondere, al momento, ad un segnale più debole di quello riscontrato per le prime dosi e comunque definibile come molto raro. Benché tale dato sembri avvalorare l’ipotesi della “deplezione dei suscettibili”, e rassicurare sulla somministrazione delle seconde dosi, va osservato che non sono disponibili al momento informazioni sull’età e sesso di questi ultimi casi. Pertanto la sicurezza della somministrazione di Vaxzevria nei soggetti di età inferiore a 60 anni rimane un tema ancora aperto, e sul quale vi sono margini di incertezza. Nonostante queste incertezze, il Gruppo di Lavoro Emostasi e Trombosi ritiene che il completamento della schedula vaccinale rappresenti la strategia di contrasto alla diffusione del virus SARS-Cov-2 che garantisce il migliore livello di protezione. Nel contempo, l’attenta attività di farmacovigilanza già in atto consentirà di raccogliere dati aggiornati e stabilire l’eventuale necessità di formulare ulteriori raccomandazioni volte ad ottimizzare, ove appropriato, il profilo beneficio/rischio nel singolo paziente.
Ricordiamo che Vaxzevria (il vecchio AstraZeneca) è un vaccino per la prevenzione della malattia da coronavirus 2019 (COVID-19) nelle persone di età pari o superiore a 18 anni. Spiega l’Aifa: COVID-19 è causato dal virus SARS-CoV-2. Vaxzevria è costituito da un altro virus (della famiglia degli adenovirus) che è stato modificato per contenere il gene per la produzione della proteina S da SARS-CoV-2. Il vaccino non contiene il virus stesso e non può causare COVID-19.
Gli effetti indesiderati più comuni sono generalmente lievi o moderati e migliorano entro pochi giorni dalla vaccinazione. Ecco quali sintomi vanno tenuti sotto controllo e segnalati al medico dopo la somministrazione del vaccino:
Il documento evidenzia poi che “a fronte di un rischio di eventi avversi gravi, come un’emorragia maggiore, ben quantificabile e rilevante, e di un beneficio non dimostrato in termini di riduzione del rischio tromboembolico, comunque assai basso, la prescrizione a scopo preventivo di farmaci antitrombotici nei soggetti sottoposti a vaccinazione è fortemente sconsigliato. Resta inteso che tali farmaci potranno essere continuati nei pazienti già in trattamento”. Gli esperti rispondono così alla domanda se esistano farmaci in grado di prevenire queste manifestazioni tromboemboliche.
Secondo il Gruppo, “va sottolineato che non ci sono evidenze scientifiche a supporto dell’ipotesi che l’acido acetilsalicilico (Asa) o e le eparine a basso peso molecolare (Ebpm) sono efficaci nel ridurre il rischio di questi rarissimi eventi trombotici nei soggetti sottoposti a vaccinazione contro Covid-19 con Vaxzevria”.
Inoltre, “le più comuni condizioni trombofiliche presenti nella popolazione non possono essere il determinante dei casi” di eventi trombotici atipici “e pertanto la loro ricerca sistematica prima della vaccinazione non è in alcun modo raccomandabile“
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